Quando un grande ex diventa un ex grandeil commento 2

C i sono momenti in cui uno deve dire: «Basta, io vado». Più popolari si è più bisogna farlo. A 70 anni si può mollare, no? Un grande come Sandro Mazzola (nella foto) che finisce sconfitto alle elezioni per la poltrona di presidente del Comitato regionale lombardo della Figc sono la dimostrazione di questo banalissimo ragionamento. Ma può uno del calibro di Mazzola, uno dei più grandi talenti del calcio italiano, uno dei più popolari giocatori della nostra storia disegnare una parabola che va da Italia-Germania 4-3 e finisce con la sconfitta per 687 a 199 nell'elezione tra le 1725 società dilettantistiche lombarde?
Sia detto con il massimo rispetto del vincitore, ma quella poltrona non era all'altezza di Sandro Mazzola. Così le domande diventano altre, però: perché l'ex capitano dell'Inter s'è andato a invischiare in una vicenda così? Perché non ha lasciato che la sua figura rimanesse fuori da una competizione elettorale nella quale poi è uscito sconfitto da Felice Belloli?
Nessuno vuole assolutamente minimizzare le capacità dell'attuale presidente lombardo della Figc riconfermato con il voto, ma ovviamente dal punto di vista della notorietà e della gloria lui non può certamente confrontarsi con Mazzola.
Eppure Sandrino ha perso e non di poco.
La verità è che i grandi faticano troppo all'idea di scomparire: è accaduto ad altri prima di Mazzola. Per restare ai suoi contemporanei, per esempio, è accaduto anche a Gianni Rivera, che fuori dal campo è sempre stato fuori giri rispetto al talento unico che aveva da giocatore: l'incapacità di vivere una dimensione extrapallonara diventa un boomerang. Così pur di esistere mediaticamente, Rivera si è buttato prima in politica, poi negli show ballerini del sabato sera e ora medita un ritorno alla politica appoggiando Bruno Tabacci. Idem per Mazzola, che in tv ci va ogni settimana da opinionista Rai e che non cede il passo al tempo che scorre. Attaccati al passato e al ricordo che generano nella gente che li guarda, i grandi ex giocatori rischiano di essere triturati da loro stessi e dalla voglia estrema di sentirsi ancora parte di un mondo che però pian piano li sta metabolizzando e li sta catalogando alla voce «epoca chiusa». È questo che avrebbe dovuto pensare Mazzola prima di accettare di essere candidato a una competizione così «cheap» da farlo sembrare la copia sbiadita di se stesso. Soprattutto perché il rischio sconfitta era elevato, così come il voto ha dimostrato. Perdere tanto a poco nonostante l'immensa popolarità e il fascino che ci si illude di poter ancora esercitare è una sconfitta doppia. Ed è la chiusura triste di una parabola che è fortemente discendente.

Dicono in molti che a suggerire la candidatura fosse il grande interesse che le scuole calcio possono avere per il pallone di domani. Sarà pure così, ma si può rinunciare a gloria e anche ad eventuali business per dare un'immagine migliore di sé. Perdere non è mai piacevole. Perdere una competizione locale se sei stato uno dei grandi è troppo.

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