Questa piccola Serie A non da campioni d'Europa

Persi Donnarumma e Lukaku, in bilico CR7. Le novità tra i debiti sono il calendario e la tv

Questa piccola Serie A non da campioni d'Europa

Non si ricomincia da dove si era finito. Non si ricomincia perché non c'è più il più forte portiere italiano e forse mondiale, Donnarumma, perso per sbaglio e presunzione. Non si ricomincia perché non c'è più il centravanti tra i più forti d'Europa e del mondo, Lukaku, venduto per crisi finanziaria. Non si ricomincia perché questo sarà, per la prima volta, una stagione asimmetrica, ci hanno spiegato che il calendario del girone di ritorno è come una riffa, del resto già nel campionato scorso, grazie alla genialità di De Laurentiis una partita rinviata del girone di andata è stata giocata dopo quella giocata del girone di ritorno. Non si ricomincia perché i diritti tivvù sono stati venduti, sempre per motivi di cassa, a una piattaforma che fa i conti con il sistema dello streaming, il quale non ha difficoltà per film e serie tv ma nella diretta di eventi, soprattutto quelli sportivi e di calcio, va incontro a sofferenze dovute alla connessione. Non si ricomincia perché gli stadi non sono del tutto aperti, a differenza di quelli di altri paesi Uefa.

Eppure c'è voglia di scoprire, sapere, capire che cosa sia mai questa serie A rivista e corretta, alle prese con una paurosa crisi economica che riguarda tutti i club, con evidenze incredibili per quelli più storici, Inter, Milan e Juventus. Dicono che il nuovo sistema Var, in una sede unica, garantirà giustizia totale, in verità saranno sempre gli arbitri i giudici del last minute e abbiamo ancora in memoria fatti e misfatti. Le vitamine di Wembley dovrebbero servire come dose di autostima ma la lotta tra fazioni finirà per avere la prevalenza sullo spirito sportivo, già si sono viste scene da saloon nelle amichevoli in ogni dove. Molta curiosità su Mourinho e Sarri, nuovi Romolo e Remo di Roma, lo stesso per Allegri che si sta illuminando di immenso come restauratore di se stesso e della Juventus, attesa per Simone Inzaghi finalmente uscito dal grande raccordo anulare e così per Spalletti alle prese non tanto con il Napoli e Napoli ma con De Laurentiis Aurelio. Nel gioco delle parti, quasi nascosta nel canneto, spunta l'Atalanta che prima o poi dovrà dire che cosa voglia fare da grande. Forse ci siamo.

Non va trascurata l'eventuale uscita di Cristiano Ronaldo che priverebbe il teatro di un altro attore protagonista, capocannoniere dell'ultimo torneo e depaupererebbe ulteriormente il tasso tecnico e spettacolare della serie A. C'è, dunque, una strana contraddizione tra il fresco maestrale dell'europeo vinto e lo scirocco appiccicoso che soffia attorno al campionato. I grandi docenti del nostro calcio hanno scelto, come sempre, di partire in ritardo rispetto al resto dell'Europa, e già dopo la seconda giornata ci sarà la sosta per gli impegni internazionali, quindi si riprenderà con due partite serie, Milan-Lazio e Napoli-Juventus e tre giorni dopo partirà la Champions League, aggiungiamo che i geni della Fifa, nella persona di Infantino Gianni, hanno risistemato il calendario con il recupero delle partite delle qualificazioni sudamericane rinviate per Covid, dunque con la probabilità se non certezza che molti club dovranno rinunciare ai loro calciatori, idem per la coppa d'Africa.

Non è il caso di stupirsi, il governo del football nostrano è il risultato di chi gestisce i club e li ha portati a una crisi finanziaria mai registrata prima, con clamorosi aumenti di capitale, finanziamenti, prestiti, insolvenza, pagamenti in comode rate pluriennali, uno scenario non proprio da campioni

d'Europa. Ma quella è la nostra nazionale, questi i dirigenti tutti, presidenti, amministratori delegati, direttori sportivi, responsabili della comunicazione. Alla fine, si gioca e, per fortuna, in campo scendono i calciatori.

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