Basta ascoltare i giudizi di Juric per decifrare meglio il cambiamento prodotto dal recente mercato sul gioco e sulle qualità del Milan. «Questa squadra non è come quella dello scorso anno: questa è molto più forte, troppa differenza con il mio Toro». E qui non è soltanto il riconoscimento di una prepotente supremazia rossonera documentata dal 4 a 1 del campo. C'è dell'altro, molto altro. A cominciare dalla caratteristica inedita attribuita dal mercato e indicata dallo stesso Pioli a più riprese. Provate a mettere in fila indiana i primi 3 innesti che hanno partecipato alle sfide di Bologna e col Toro: Loftus Cheek e Pulisic provenienti dal Chelsea (Premier league), Reijnders (dal torneo olandese) arrivato dall'Az Alkmaar, e troverete la prima chiave di lettura. La seconda è quella riferita agli altri esponenti del mercato: Musah e Chukwueze (Liga spagnola), Okafor (Salisburgo), Luca Romero (ex Lazio), solo Pellegrino sembra scoperto dall'algoritmo (Argentina).
A completamento dell'elenco vale la pena ricordare un paio di episodi significativi: a Londra contro il Chelsea in Champions Loftus-Cheek giocò una signora partita tanto da ricevere i complimenti di Maldini e da finire sul taccuino di Moncada e Massara. Idem per Okafor: in Austria, nella partita d'andata contro il Salisburgo, l'attaccante svizzero fece diventare matto Kalulu che non è certo un principiante come marcatore. Il quadro alla fine è illuminante. Pioli e il Milan hanno puntato su tre requisiti: gioventù, fisicità e pratica di calcio moderno. Si spiega così il dinamismo offensivo del centrocampo che consente a Reijnders di segnalarsi nel viaggio a Bologna e a Loftus Cheek di diventare il protagonista box to box del primo gol al Torino.
È vero che in materia di elaborazione dei dati provenienti da tutto il mondo, l'algoritmo serve a individuare i profili più attraenti ma nel caso di specie è la pratica del calcio europeo che ha avuto la meglio. E infatti proprio la strepitosa attitudine a giocare partite d'attacco, specie del centrocampo, espone qualche volta il Milan a farsi infilare dai rivali. Col Bologna s'è vista qualche crepa, col Toro praticamente una, su azione successiva a calcio piazzato. Questo nuovo sistema di gioco sembrerebbe più adatto ai canoni classici della Champions che alla serie A dove, da sempre o quasi, vige la legge «vince chi ha la migliore difesa.
Ci sono meccanismi da collaudare e un comportamento da eliminare. Riferimento esplicito a Theo Hernandez protagonista di due proteste, ripetute, e sguaiate sia a Bologna che col Toro.
In entrambi i casi ha rimediato cartellini gialli che potranno pesare alla distanza. Forse è il caso di spiegare al francese che, in assenza di Calabria è anche il capitano, che sono difetti da cancellare al più presto.
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