La A resta a 20 squadre e (per ora) fa muro alla riforma federale

Schiacciante la maggioranza (16 a 4) che ha votato contro, dopo la mossa di Inter, Milan, Juve e Roma

La A resta a 20 squadre e (per ora) fa muro alla riforma federale
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Il primo blitz per «disarmare» la Lega di serie A (gode del diritto di veto in Federcalcio, veto che può bloccare qualsiasi riforma, ndr) è fallito nel giro di tre sbrigative votazioni. Scontata quella sulla riduzione del torneo da 20 a 18 squadre: avete mai visto i presidenti di calcio delle medie-piccole società che si escludono da soli dalla comoda rendita di ricchi diritti tv procurati dalle tre grandi rischiando il default? Risposta scontata e blocco della potenziale riforma: 16 voti contro il cambio di format e solo 4 a favore. Ma per cogliere il vero senso del blitz bisogna ricorrere alla didascalica spiegazione di Adriano Galliani resa prima di partecipare ai lavori dell'assemblea di ieri. Ha dettato: «È gravissimo chiedere alla Lega di serie A la rinuncia al diritto d'intesa, non esiste in nessun altro paese. Poi si può decidere di fare il campionato a 18, 20 o 32 squadre». Ecco dunque la vera posta in gioco: sarebbe diventata l'arma a disposizione di Gravina per procedere alle riforme ideate come un treno senza passare da una estenuante trattativa.

In questo clima, Inter, Juve, Milan e Roma hanno presto capito di essere rimasti isolati nonostante le spiegazioni di Scaroni («chiediamo serie A a 18 squadre per avere meno infortuni e più chances nelle coppe») e quella di Marotta («l'incontro con Gravina è stato organizzato perché è vice-presidente Uefa») a cui tra l'altro nessuno ha chiesto di fare un passo indietro dal ruolo di consigliere federale. E di qui il passaggio alle altre due votazioni è stato altrettanto veloce e sbrigativo: stesso risultato sull'abolizione del diritto d'intesa (16 contro 4) mentre sul documento finale (tuttora in correzione da presentare oggi a Gravina nel vertice romano) le 4 sorelle si sono astenute condividendo la sostanza delle richieste. Al centro delle quali ci sono governance, sostenibilità, indipendenza piena del settore arbitrale e introduzione del professionismo per i direttori di gara, miglioramento del Var (possibilità di chiamata per le squadre e audio diffuso in diretta), scommesse. Emerge la forte volontà di autodeterminazione da parte della Lega. E sulla questione stadi l'obiettivo è quello di snellire le procedure per la costruzione.

Evitata la spaccatura traumatica - anche perché la Fiorentina non è uscita allo scoperto e AdL ha votato al fianco di Lotito pur cavalcando altre formule - sono rimaste le divisioni.

Urbano Cairo, Patron del Torino, è stato il più caustico: «L'incontro dei tre club in figc non è stato ben visto, è sembrato il tentativo di realizzare una superleghina». Più conciliante il presidente del Cagliari Giuliani: «Nessuno ha chiesto le dimissioni di Marotta. Abbiamo due dirigenti top, lui e Galliani, e dobbiamo conservarli al nostro fianco».

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