"Il rigore di Lautaro? Non li sbaglia mai solo chi non li tira..."

Ciccio Graziani: "E serve più allenamento. In finale nell'84 contro i Reds macché Grobbelaar, fui abbagliato dai flash"

"Il rigore di Lautaro? Non li sbaglia mai solo chi non li tira..."
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Se, dopo la maledetta notte del 30 maggio 1984, ai fotografi fu proibito di stare dietro la porta sparando flash sui rigoristi, il merito è di Ciccio Graziani: tra gli eroi più amati del Mundial '82. Due anni dopo, nella finale di Coppa Campioni contro il Liverpool, lui e Bruno Conti fallirono dal dischetto; il dolore per la «lotteria» trasformatasi in incubo ammutolì l'Olimpico.

Colpa del balletto di Grobbelaar?

«Ad abbagliarmi furono i flash dei fotografi. Il presidente Dino Viola protestò con la Uefa e da allora la zona alle spalle del portiere divenne off limits».

Ma si continua a sbagliare rigori decisivi, vedi Lautaro in Atletico Madrid-Inter.

«Lautaro resta comunque un top player. I rigori non li sbaglia mai solo chi non li tira. Anche la Fiorentina ne ha sbagliati 4 di seguito. Forse in allenamento bisognerebbe applicarsi di più».

Ma i gol non sono tutto. Bisognerebbe essere campioni anche nella vita. Come Gaetano Scirea, il suo capitano in azzurro.

«Una volta l'ho sognato. Ma fu più di un sogno. Può sembrare assurdo, ma sono convinto che quella notte Gaetano fosse davvero presente e mi abbia parlato di persona».

Cosa le disse?

«Dove sono ora sto bene. Chiamai subito la moglie di Gaetano per raccontarle l'accaduto e farle leggere la poesia».

La poesia?

«Dopo l'apparizione di Gaetano non riuscivo a prendere sonno. Andai in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Sul tavolo c'era un foglio. Istintivamente scrissi dei versi dedicati a Gaetano. Li feci leggere a mia moglie Susanna».

Reazione?

«Non credeva ai suoi occhi: È impossibile che li abbia scritti tu...».

Entriamo nella macchina del tempo. Da ragazzino un solo pensiero: il pallone. Poi i primi veri provini...

«Alla Lazio e alla Roma. Tifavo per entrambe. Ero secco come un chiodo, non mi presero».

Finì all'Arezzo dove però ebbe una piccola crisi di sconforto...

«Avevo 16 anni e la nostalgia di casa. Presi il treno e tornai dai miei. Mia madre mi riaccompagnò ad Arezzo: Hai una grande occasione, devi sfruttarla.... Due anni dopo mi prese il Torino».

E lì cominciò un'avventura entusiasmante...

«Calcistica, ma anche familiare. Conobbi Susanna. Bellissima. Lei 15 anni io 21, ci sposammo. Un matrimonio felice che dura ancora adesso che siamo diventati nonni».

Per «colpa» di Susanna rischiò di essere messo fuori squadra da Bearzot in Nazionale e da Giagnoni nel Torino.

«Due persone meravigliose. Che però non tolleravano le bugie».

E lei ne diceva?

«Solo per amore di Susanna. A Bearzot negai di aver preso la macchina allontanandomi per una notte dal ritiro; con Giagnoni mi inventai un incidente automobilistico per giustificare un ritardo all'allenamento».

Venne scoperto?

«Bearzot ritrovò l'auto parcheggiata in una zona diversa da quella dov'era la sera prima e capì tutto... Giagnoni invece si prese la briga di verificare in tutte le carrozzerie della zona se c'erano state auto come la mia in riparazione...».

Un aneddoto su Liedholm?

«Eravamo in albergo prima di un Napoli-Roma. Dopo cena, io, Ancelotti, Bruno Conti e Chierico salimmo in camera per giocare a carte. Sentiamo bussare alla porta. Non rompere, vai via urlo io, pensando che fosse un compagno di squadra. Era Liedholm che in vestaglia, elegantissimo, dice: Continuate pure, ma fate piano. Vorrei dormire...».

Il marcatore più «molesto» patito dal Graziani centravanti?

«Sergio Brio. Per il ronzio nelle orecchie...».

«Ronzio»?

«Era un continuo parlare: Non ti faccio toccare palla..., Oggi non fai gol.... E quando gli dicevo di piantarla, lui rispondeva: La mia è psicologia...».

Sul web

impazza la «maledizione di Oronzo Canà». Nel film «L'allenatore nel pallone», Lino Banfi le predice in tema di calvizie: Grazieeeniii, farai la mia fine...».

«Infatti sono pelato. Ma a Oronzo-Lino Banfi voglio bene...».

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