Scegliete la vita, scegliete l’Hibernian: quanto pesa il calcio in Trainspotting

Il libro di Irvine Welsh, poi divenuto pellicola cult, ha molte sfumature premute dentro: una è sicuramente la calciofilia

I nostri pronti per la partita di calcetto
I nostri pronti per la partita di calcetto

Mark Renton ha la pelle diafana e i polmoni che faticano a pompare ossigeno. Corre a perdifiato lungo una strada di periferia di Edimburgo, pettinato da un monologo di sottofondo che si è infilato in ogni fessura generazionale, contundendo certezze che parevano acquisite. "Choose life. Scegliete la vita", è il mantra appiattente che apre Trainspotting, eredità di una vecchia pubblicità che cercava di ammansire in qualche misura i greggi più recalcitranti.

Scegliete un lavoro, scegliete la carriera, scegliete la famiglia, snocciola Irvine Welsh con un romanzo cult - la carta d’identità racconta 1993 - seguito da un film almeno altrettanto glorioso, diretto da Danny Boyle nel 1996. “Scegliete un maxi televisore del cazzo, la lavatrice, macchine, lettori cd ed apriscatole elettrici”. La lista dei beni materiali destinati ad addomesticare i sogni è lunga. Renton, Begbie, Sick Boy e Spud, i trasandati tossici protagonisti di questa epopea, coltivano tuttavia idee diverse.

Insieme hanno scelto di non scegliere la vita. Missione testimoniata da fatti - droga e risse come tunnel interminabili - debitamente anteposti al chiacchiericcio. Loro scelgono altre cose. Probabilmente sbagliate, d’accordo, ma comunque - per quanto deprecabili - elettrizzanti come un dribbling in uscita davanti all’area di rigore. Tra tutte ce n’è una che - è il caso di venire al punto - vena prepotente il film e il libro. Maglie bianche e verdi. Faccia da underdog. Retrogusto melanconico se lo addenti: Hibernian Football Club, cicatrizzato in tre parole.

Fateci caso. La dirompente passione di Welsh per il football - patologia che contamina parecchi scrittori britannici - erompe fin dai primi istanti. Riferendoci alla pellicola, dopo neanche un minuto Boyle ci sbatte in faccia i nostri impegnati in una partita di calcetto. Le maglie? Quelle dell’Hibernian, ovviamente. Ma perché proprio gli Hibees, come li battezzano da queste parti? Facile. Perennemente sfavoriti. Tifati dalla working class. Sostenuti da chi, con il fallimento, c’ha preso una confidenza esagerata. L’Hibernian è l’incarnazione calcistica di una classe di reietti che almeno ci ha provato, ma poi ha deposto le armi perché era impossibile spuntarla. Anche se gli istanti ruggenti a volte sono passati da qui, irrorando di luce calda pure la più fetida delle periferie scozzesi.

Oggi il calciofilo medio guarda all’Old Firm tra Rangers e Celtic come all’unico possibile derby scozzese. Ignora bellamente - lo sprovveduto - che nel Lothian si consuma un’altra delle rivalità più accese di sempre, quella tra i cattolici Hibees, per l’appunto e i protestanti dell’Heart of Midlothian Football Club. Dunque Renton e compagni saranno sì avidi consumatori di droghe e assidua claque per i treni in partenza dalla stazione di Leith, ma sono anche - inconfutabile - rappresentazione vivida di una passione tribale per il calcio.

Scegliete la buona salute, il colesterolo basso, la polizza vita. A casa di Tommy, amico vacillante destinato ad una sorte penosa, Mark fruga tra le videocassette. Ad un certo punto ne estrae una dal titolo promettente: “100 grandi gol”. Tra questi, si viene a sapere per un feticismo dirompente del regista, c’è anche la gemma di Archie Gemmill ad Argentina ’78, un colpo di genio che ha ridicolizzato l’Olanda del calcio totale. “Non mi sentivo così bene da quando Archie Gemmill ha segnato contro l’Olanda nel ’78”, esclama un Renton momentaneamente ripulito, mentre scambia la vhs con un filmino porno amatoriale.

Il calcio insomma si fa strada da ogni poro. L’Hibernian piazza i gomiti dentro al libro e al film anche grazie al personaggio di Begbie, il rissaiolo di questo manipolo di sconfitti. L’occhio sempre pronto a scintillare di rabbia inespressa, è lui a riproporre la faccia più livida del tifo organizzato britannico, quello delle Firm che si nutrono di violenza per tentare di coprire con il sangue frustrazioni spasmodicamente sedimentate. Unico non tossicomane del gruppo, Begbie frequenta gli altri unito a loro - viene da pensare - da due circostanze: sono tutti emarginati, sostengono tutti l’Hibernian. Che poi, a conti fatti, vuol dire la stessa cosa.

"Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita", dichiara Renton in coda al monologo. Le ragioni? Non ci sono ragioni.

Come per tifare Hibernian. Mica servono. Sapete quella vecchia storia, no? Che i cani assomigliano ai loro padroni. Beh, la tua squadra di calcio ancora di più. Siamo destinati a riconoscerci ed a sceglierci per forza.

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