Quarantatrè anni e mezzo. Come si diceva da piccoli per rimarcare l’importanza del tempo che ci faceva grandi. Ho sei anni e mezzo, ho tredici anni e dieci mesi e fra due potrò guidare il motorino, si diceva. Ecco, Schumi è in questa situazione, ma al contrario: ho quarantatrè anni e mezzo e vi dirò per ottobre, quando ne avrò quarantatrè e dieci mesi che cosa farò da grande, è il senso del suo tergiversare, mischiare le carte, non far capire molto delle decisioni che saranno. Una situazione al contrario, la sua, perché il tempo che passa anziché farlo grande lo rende piccolo, sempre più piccolo. Ieri, nel tentativo di sentirsi grande, ha fatto sapere di non essere "ancora sazio" perché "non ho ottenuto abbastanza" ha aggiunto. Di per sé una non notizia. D’altra parte come sarebbe possibile: negli oltre due anni e mezzo trascorsi dal trionfale annuncio über alles con cui lui e la Mercedes avevano informato il mondo del ritorno del più vincente di sempre, il più vincente di sempre ha vinto zero e fatto podi uno per di più proprio di recente, due gare fa, in quel di Valencia, terzo posto, nulla più.
Che Schumi rischi di diventare sempre più piccolo lo dimostrano la scarsa cura con cui la Mercedes segue la materia dell’eventuale rinnovo (cioè le interessa poco e pare sia Michael ad avere l’opzione da esercitare) e le voci made in Germany su possibili problemi legati alla vista del grande campione. Suo fratello Ralf mise gli occhiali ben prima di lui - scrivono - e anche Michael potrebbe avere lo stesso problema. Il mito si sta sgretolando. Sempre più.
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