Schwazer, l'addio alla marcia finisce con un ritiro

Dalla prima positività alle ombre di complotto sulla seconda. Ieri si è fermato dopo 14 km: "Ma sarò atleta per sempre"

Schwazer, l'addio alla marcia finisce con un ritiro
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Avrebbe voluto correre a Parigi e fino allo scorso 16 novembre ha sperato di farlo. Poi la Wada ha rigettato la richiesta di riduzione alla squalifica, mettendo la parola fine alla sua esperienza agonistica. Alex Schwazer, scontati gli 8 anni di squalifica il 7 luglio, ha voluto chiudere a modo suo. Lui che ha pagato per doping una giusta prima squalifica durante i Giochi 2012 e che nei giorni precedenti le Olimpiadi 2016 - quando al suo fianco c'era, come oggi, un paladino dell'antidoping come Sandro Donati - è stato nuovamente fermato a un secondo test per quantità fuori norma di anabolizzanti. Faccenda torbida e mai chiarita completamente, che portò anche Donati a sostenere in commissione antimafia l'ipotesi del complotto.

Con tutto questo fardello sulle spalle, nel tardo pomeriggio di ieri Schwazer inizia a percorrere 200 curve in senso antiorario, come a voler riportare indietro l'orologio di 70mila ore e il calendario a 8 anni prima. Alex, 40 anni da compiere a Santo Stefano, la sua nuova epifania su pista la compie con capelli in meno sulla nuca, ma con l'orgoglio nel petto che lo sprona ad andare avanti quando il corpo gli consiglierebbe di fermarsi. Chiude i primi dieci km in 42'14 che in proiezione potrebbe essere tempo strabiliante sul traguardo dei 20 km. Ma da lì, inizia il calvario. Schwazer si tocca ripetutamente la zona lombare sinistra, lì dove aveva accusato sciatalgia nei giorni precedenti «di cui non avevo detto a nessuno, altrimenti mi avrebbero impedito di esserci». Il passo si fa più lento e Alex si ferma una, due, più volte. Fino ad arrestarsi claudicante, curvo come l'Arco di Trento che invece si rizza in piedi ad applaudirlo, nella serata trentina. «Volevo esserci a tutti i costi, per i bimbi», Ida e Noah, ha spiegato papà Alex dopo essersi fermato al chilometro 14.

«Non mi avevano mai visto in gara, ma al termine non riuscivo più ad appoggiare i piedi. Volevo fare le Olimpiadi, ma è stato incredibile vedere questo affetto e quante persone sono venute fin qui. Ultima mia gara? Quando uno è atleta lo è per sempre, è come un musicista nel rapporto con il suo strumento».

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