Alla faccia del falso nueve. Mentre imperversa la mania del centravanti arretrato, del centravanti sacrificato, la Juve riscopre la bontà del nueve verdadero, quello che di nome si chiama Alvaro e di cognome Morata. È lui l'uomo in più di Max Allegri, è lui l'uomo che tiene in piedi la Juve anche in questo inizio di stagione complicato. Un gol a Napoli, anche se poi vanificato dagli svarioni di Szczesny e Kean, un gol e un rigore procurato sapientemente a Malmoe, nella prima di Champions, e ieri sera la ciliegina del gol lampo contro il Milan. Che coincide con il gol numero 50 in maglia bianconera di questo spagnolo tornato a Torino, questa volta in prestito dall'Atletico, e diventato l'uomo chiave della seconda Juve di Allegri, come fu importante nella prima.
Perché Max e Alvaro si conoscono bene e il tecnico livornese, appena ritornato sulla panchina bianconera, ha fatto di tutto per tenere con la Signora il bomber madrileno, che già aveva segnato 27 gol nella sua prima esperienza alla Juve tra il '14 e il '16, proprio con Allegri in panchina, e poi ha dato il suo contributo pesante anche l'anno scorso con 20 gol in 44 partite in una stagione piena di problemi per la squadra. E adesso è arrivato a quota 50 tra i bomber bianconeri di sempre, eguagliando tra l'altro un certo Carlos Tevez, proprio l'argentino che lo tenne a battesimo nella sua prima avventura juventina, giocando spesso e volentieri in coppia con Alvaro.
Ieri sera è stato un fulmine nel gol che ha sbloccato subito la sfida, anche se il Milan gli ha dato una grossa mano, prendendo un gol addirittura su calcio d'angolo in attacco, e Theo Hernandez ha fatto la figura del dilettante facendoselo scappare e rincorrendolo vanamente per tutto il campo finchè Alvaro non ha concluso il micidiale contropiede con un tocco a scavalcare Maignan in uscita. Ma la partita di Morata non è certo finita lì, perché i suoi duelli con Kjaer hanno infiammato quasi tutto il primo tempo, almeno finchè il gladiatore danese non si è dovuto arrendere a un guaio muscolare. E peccato che il loro confronto, una sfida nella sfida, sia finito solo al 34'. Morata però è stato per quasi tutta la sera l'osservato speciale della difesa rossonera e ha fatto guadagnare lo stipendio a Maignan chiamato a sventare un paio di affondi di Alvaro.
E se Morata ha fatto vedere alla Juve l'importanza di avere un vero nove, ruolo antico che è fondamentale anche nel calcio moderno, checché ne dica qualche allenatore anche di grido, il Milan ha imparato la lezione chiedendo a Rebic di vestirsi da bomber ancora una volta. Perché, senza Ibrahimovic e senza Giroud, fermati dagli acciacchi dell'età, è stato ancora una volta il croato, come già a Liverpool, a vestirsi da vero bomber e ad andare a rimediare lo svarione iniziale della squadra di Pioli.
Perché i centravanti veri sanno sempre trasformare in oro i corner. Quelli a favore, come Rebic, e persino quelli contro, come Morata. Intanto la Juve è senza vittorie dopo 4 giornate: l'ultima volta 60 anni fa (stagione 1961/62).
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