Finalmente. Sfatata una Maledizione diventata tradizione

Trentasei anni dopo Maradona fa festa un Paese nel nome di Messi e Martinez

Finalmente. Sfatata una Maledizione diventata tradizione

Non poteva bastare un Angel (Di Maria) per trascinare fuori dalla maledizione l'Argentina e Lionel Messi. C'è voluto un San Martinez, portiere volante di mani e di piedi, per regalare al capitano l'apoteosi nello stadio Iconic. Il Qatar aveva previsto tutto tra iconici e Iconic, una finale così nemmeno l'avessero pagata. No, di tutto si può dubitare ma non di una finale sgorgata nella sincerità del calcio, con un arbitro divagante nelle valutazioni, due ragazzi faccia da campioni a giocarsela mostrando il meglio del repertorio, e mezzo mondo e forse più contro la Francia, non proprio miss simpatia, del Macron dapprima imbellettato in giacca, poi scamiciato tra sorrisi, sudori, fin alla delusione finale provocata da rigoristi dai piedi morbidi.

La maledizione, fors'anche tradizione, ha vegliato su questa partita dove Mbappè inseguiva il Pelè del doppio mondiale e Messi la prima volta proprio nell'ultima volta. Sofferenza e riverenza per un calcio che ha mantenuto le promesse: Lionel soffri ma poi vinci, Kylian e Francia avete già avuto. Storia da giocarsi e ricordarsi nel segno della M che diventerà come la Z di Zorro: vince Messi che ha raggiunto Maradona in un Mondiale mettendo a terra, come un pugile all'ultimo pugno, il campione Mbappè, sospinto dal Di Maria El Fideo in cui aver fede ma soprattutto dal Martinez portiere che di nome fa Emiliano e non Lautaro (Martinez, sempre questa M) destinato ai gol che contano e che stavolta si è mangiato occasioni che contavano, ma ha spinto Messi all'ultima rete finché il Montiel Gonzalo Ariel, difensore del Siviglia, non ha segnato il rigore della liberazione. Mettiamoci pure il Macron sgonfiato come un soufflé e il Marciniak, arbitro dai rigori pro e contro.

Maledizione e liberazione sono stati tutt'uno nello scorrere del protagonismo di questa partita e di tutto il mondiale: l'Argentina che si strappa la rabbia accumulata dal 1986 ad oggi quando Maradona la lasciò campione e più nessuno era stato capace di accompagnarla su quel podio dove ieri è salito come fosse un Maradona sui generis Emiliano Martinez, detto Dibu, portiere da mani e piedi che ipnotizzano: soprattutto i rigoristi. Fair play a parte, un grande portiere che si prende la rivincita sul Paese che ha sempre e soltanto pensato ai piedi d'oro.

Sembrava un finale già scritto, ma la Francia ha provato fino in fondo a rovinare il copione: Messi che lascia il mondiale e finalmente vince il titolo, Messi che segna e diventa il miglior giocatore del mondiale. Mbappè ci ha provato a suon di gol, e con lui la Francia a caccia del raddoppio, a distanza quadriennale, permesso solo a Italia e Brasile. Peccato che Kolo Muani (a proposito di M) abbia tagliato gambe e speranza mandando al Diavolo, sarà stata una lontana influenza dell'Angel avversario?, palloni che sembravano già in rete.

Così sfumano in lontananza vincitori e vinti, Maledizioni e tradizioni. Ed anche i morti che hanno impestato la storia di questo mondiale.

Mettiamoci pure l'ultimo vincitore di una tradizione da strappare: il cantante canadese Drake che si era giocato un milione sul successo sudamericano. Era tristemente noto per portare sfortuna ai favoriti delle sue scommesse. Messi e l'Argentina hanno battuto anche questa maledizione.

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