La sfida è antica, dai tempi di Moratti Angelo e Agnelli Umberto. Cinquant'anni di veleni, lotta di potere, sospetti, accuse fino all'esplosione del Duemilasei. Inter e Juventus non è soltanto una partita di pallone, anzi questa è l'occasione, il pretesto per riaccendere i fuochi e alimentarli con ogni tipo di carburante. Per i cinesi che hanno messo le mani sul club milanese trattasi di un debutto. Non sanno che cosa sia un derby, nel senso continentale. Il loro investimento prescinde dalle lotte tra fazioni, semmai preferiscono la guerra feroce per essere i primi, cosa che stanno tentando di fare in ogni parte del mondo calcistico.
Per Andrea Agnelli, invece, la partita di oggi assume il significato di cui sopra, c'è un conto, e che conto, in sospeso, datato Calciopoli, quella era anche la sua Juventus, gestita da un amico di famiglia, Antonio Giraudo. Sei anni dopo c'è l'orgoglio, del presidente bianconero, di avere ribaltato la cronaca e la storia, cinque scudetti consecutivi come quell'Inter che però, secondo corrente di pensiero e non soltanto di pensiero, non li ha conquistati tutti sul campo. Odore di zolfo, dunque, anche se tra i nerazzurri, si fa per dire, viste le ultime esibizioni cromatiche, non ci sono reduci e sopravvissuti di quell'epoca (Bonucci faceva parte della rosa, arrivato in prestito dalla Viterbese) mentre nel club di Agnelli, Gigi Buffon, Chiellini, Marchisio conservano la memoria, appunto sul campo. Inter alla ricerca di se stessa, in evidente crisi di identità con un solo elemento oltre l'anonimato, Mauro Icardi. Il resto è non meglio identificato, in attesa di sapere e di capire.
Ad aggiungere cianuro ecco la designazione di Tagliavento in qualità di arbitro. Chiedere a Mourinho. Si deduce che la partita è sfida nel senso autentico e lo steso Allegri l'ha caricata definendola uno snodo per lo scudetto. Siamo ancora a settembre, roba da matti.
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