Una Signora all'italiana con i marines d'assalto

Apre Vidal che scaccia gli spettri. Chiude Llorente che torna al gol Riecco la vecchia Juve: contropiede e aiutino. Roma più lontana del -3

Una Signora all'italiana con i marines d'assalto

Nostro inviato a Torino

Il ritmo dei gol è perfetto: 16 in 8 partite, due al colpo. E ieri, appunto, è stata doppietta che ha chiuso dubbi e partita. È tornata la vecchia Juve: quella che vince sempre in casa (ora il record dice 23), quella che vince e ti lascia il malessere (i rigori anti Roma e la rete di Bonucci, stavolta il gol di Llorente con accluso fuorigioco di Tevez), quella che segna sempre per prima e poi ti ingoia. Comunque la Juve che sa essere padrona del campionato e non si preoccupa di un pareggio col Sassuolo e di una sconfitta in Champions. Juve dei vecchi eroi, o meglio: dei marines d'assalto. Vidal e Llorente hanno rispolverato l'antica arte. Il bambolone spagnolo avrà fatto versare lacrime dopo un'assenza di 161 giorni: 18 maggio contro il Cagliari, l'ultima rete. King Arthur si era esibito con una doppietta recente al Cesena, quella del record di vittorie che faceva pari con il Torino, quella del record di tiri juventini (29 in tutto) e del ritorno di Vidal in campo.

Stavolta il King ha aperto la strada al successo, chiudendo una delle azioni più belle della partita. Guarda caso nata da una azione di vecchio, italianissimo contropiede: Pereyra strappa palla e parte, Tevez si porta avanti e studia la situazione fin a fornire l'assist al tiro di Vidal. Perfetto gioco all'italiana, una goduria per chi ama il calcio estetico più che tattico. Ecco, Juve severamente italiana in certi aspetti. Difesa ermetica, grazie anche all'assenteismo del Palermo. Gioco non proprio esaltante fin a colpire e affondare. Magari un gran spreco di tiri verso la porta, questo sì. E, alla lunga, può diventare un handicap, se non un boomerang.

Juve che può bastare in Italia, non altrettanto in Europa. Ma qui il discorso rischia di essere noioso come il gioco della Signora nel primo tempo. Son segnali che non possono rimandare all'immagine di una corazzata, piuttosto di un incrociatore con i suoi punti deboli. Il primo tempo bianconero, magari la buona disposizione del Palermo a farsi vittima (una sola parata di Buffon in tutta la partita), è stato colorato di monotonia per almeno mezzora. Ovvero fino al gol. Juve senza Pogba e Lichtsteiner per preciso calcolo di turn over. Llorente ancora in campo con la chiara logica di fargli trovare il gol. Però, che dire? Il pivottone ha lasciato tutti a braccia larghe quando si è mangiato due colpi di testa con mollismo d'un fantoccione. Preoccupante fin alla ripresa, quando ci ha preso con la capoccia svettando da una massa umana, beneficiando della disattenzione dell'arbitro sulla posizione pericolosa, e in fuorigioco, di Tevez. Cose che capitano. D'accordo, alla Juve questi colpi di fortuna capitano più spesso che ad altri. Ma ogni tanto anche il caso ci metterà lo zampino. Non sempre l'arbitro.

Però il risultato non è bugiardo ed è quel che conta. Dopo un primo tempo monotono, punteggiato da quattro tiri buttati (Marchisio e Llorente) fra il minuto 12 e il minuto 17, eppoi attesa fino al 30', la ripresa è stata più varia, meglio giocata, squadra più decisa e decisiva. Juve che attende ancora la bella copia di Pirlo, ma intanto sfrutta la lena di Pereyra e Marchisio, l'agitarsi di una orchestra che riesce sempre a ritrovare il filo della musica calcistica. Il Palermo ha fatto solo gioco di sponda alla narrativa juventina. Qualche guizzo di Dybala e niente più.

La Juve ha sfruttato la partecipazione senza protagonismo degli avversari, ha rinsaldato l'umore di Llorente, ha ritrovato la solita malasorte nei tiri di Giovinco (altro palo), ha lasciato a Tevez il piacere di fare e disfare e l'amaro in bocca alla Roma che si ritrova a tre punti di distanza. E, forse, il distacco è ben superiore a quel che dicono i numeri.

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