Il mistero purtroppo non era tale. In fondo avremmo voluto un colpo di scena, ma la cancellazione dall'esibizione del Kooyong Classic non era che il prodomo per vedere Matteo Berrettini ancora fuori da un torneo. E dunque a Melbourne niente sfida contro Tsitsipas, niente recupero dal dolore al piede destro, niente speranza di avere segnali da un giocatore che non scende in campo ormai dagli UsOpen. Resta ora la domanda su cosa succederà nel futuro tennistico di Matteo, il suo manager Richard Evans che ha parlato per lui chiarisce che il forfait dall'ultimo minuto dagli Australian Open è stata l'ennesima precauzione: «Ha in programma di disputare una stagione lunga quest'anno con molti tornei, gareggiare ora quando non è al massimo delle condizioni fisiche sarebbe rischioso».
Delusione, comunque, visto che Berrettini si era trasferito armi e bagagli in Australia insieme alla fidanzata Melissa perché certo di potercela fare. Adesso invece non gli resta che fare di conto: il regolamento gli consente di accedere al ranking protetto, il che vuol dire che entro il 29 febbraio dovrà chiedere all'Atp l'agevolazione riservata a chi non gioca da almeno sei mesi (l'ultimo match è datato 31 agosto) per rientrare da marzo con il numero che aveva nei primi tre mesi di assenza (ovvero il 35). Questo gli consentirà di accedere ai tabelloni principali dei tornei per 9 mesi, anche se il suo ranking attuale, ovvero 124, subirà le normali fluttuazioni settimanali a seconda dei suoi risultati.
Speriamo, dunque, ancora una volta. Mentre il via del primo Slam dell'anno ha coinciso come vittorie in tre set di Sinner (6-4, 7-5, 6-3 a Van De Zandschulp) e Arnaldi (7-6, 6-2, 6-4 contro Sam Walton), entrambe buone per togliersi un po' di ruggine. «Sono soddisfatto ha detto Jannik -: ho avuto alcuni momenti in cui ho commesso degli errori nelle scelte, ma può accadere al primo incontro di un Major dopo che non hai giocato tornei preparatori. Il 3 su 5 mi aiuterà di sicuro a trovare la forma migliore, perché ti permette di restare in campo un po' più a lungo». Stesso concetto anche per Matteo («Mi piacciono queste partite: anche se perdi un set c'è tanta strada da fare prima di arrivare alla fine.
E sono contento che non sia stato semplice vincerlo, mi ha allenato per il prossimo turno») e probabilmente anche per Novak Djokovic, che ha dovuto faticare quattro set per battere il croato Prizmic, uno che gli ha ricordato che gli anni, e gli avversari, aumentano: «È stato bravo: mi sembrava di giocare allo specchio».
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