Lucas Rodrigues Moira da Silva ha vent'anni. Il prossimo 1 di gennaio lascerà San Paolo e il Brasile e si trasferirà in cambio di quarantacinque milioni di euro al Paris Saint Germain che ha tanto bisogno di gente che sappia giocare a football. Lucas, senza tutto il resto all'anagrafe, ha lasciato il "fucibòl" brasilero vincendo la coppa sudamericana, facsimile della Europa league, battendo nella finale di ritorno gli argentini del Tigre e segnando anche un gol, al venticinquesimo minuto del primo e unico tempo. Dopo quel gol l'argentino Orban gli ha mollato un diretto sul naso che ha preso a sanguinare. Altre scene da saloon, tipiche del calcio di quei territori, si sono accavallate e quando l'arbitro cileno Enrique Osses ha fischiato due volte la conclusione del primo tempo, Lucas ha pensato bene di offrire al rivale, già umiliato da due gol (il raddoppio segnato da Osvaldo) il souvenir del cazzotto, vale a dire il tampone insanguinato, sfilandolo dalla coana nasale e passandolo a centimetri due dal naso di Orban. A questo punto l'ambientino dello stadio Morumbi, già caliente di suo, è andato ancora su di giri e così il sangue degli argentini che hanno rincorso il tampone, Lucas e i suoi sodali mentre la polizia, in assetto da G8, elmetti, manganelli, pistole e scudi di plastica si piazzava davanti all'entrata del tunnel verso gli spogliatoi.
Breve e illuminante retroscena, detto flash back: nei giorni precedenti la finale agli argentini del Tigre, un'insegna aziendale che è già una garanzia, era stato fatto divieto di utilizzare il Morumbi, per l'allenamento, poiché impegnato dal concerto di Madonna. La cosa è stata ribadita anche nel riscaldamento prepartita, rigorosamente proibito. Rientrati nello spogliatoio vengono registrate due versioni degli accaduti: gli argentini denunciano l'agguato, sarebbero stati aggrediti, calci, pugni, minacciati con le pistole, colpiti con bastoni e manganelli, feriti e le immagini della televisione confermerebbero tutto, vetrate rotte, macchie di sangue sui muri, sul pavimento, distrutti i bagni, divelti gli attaccapanni. Galmarini, definito ahilui El Pato, ha mostrato, una volta rientrato a Baires, il braccio con tre punti di sutura, ricordo di una notte da Chicago, dice lui!
I brasiliani e la polizia smentiscono, sarebbero stati gli argentini a scatenare la rissa, il tumulto, infuriati per il risultato e le provocazioni, ultima quella del multimilionario Lucas.
Mentre il sangue scorreva e i vetri andavano in frantumi, quelli del Tigre hanno deciso che così non si potesse continuare e dunque con un veloce passaparola hanno preso a rivestirsi, senza informare nessuno, dunque non ripresentandosi in campo, fine della partita, fine della finale, al diavolo la coppa e il Brasile che tra un anno ospiterà il mondiale per nazioni e che si presenta con questo splendido kit fotografico e con una denuncia presentata al commissario di Pessoa dai dirigenti e dai calciatori argentini che per due ore hanno raccontato tutta la partita e il resto, minuto per minuto. Mentre tutto questo bailamme accadeva, sul prato del Morumbi l'arbitro si è stufato di aspettare, ha controllato l'orologio e ha decretato la fine della contesa, nel vero senso della parola. Grande carnevale paulista, la coppa è stata consegnata a Rogerio Ceni, capitano. Preannunciata protesta alla confederazione sudamericana, con richiesta di sanzione a carico del San Paolo e coppa invalidata. Al grido di chissenefrega festa grande nelle strade di San Paolo.
Possiamo immaginare la notte e l'alba di Victoria, la città della Grande Buenos Aires dove è nato e gioca il Tigre. Il confine tra Argentina e Brasile è lungo 1224 chilometri. Pochissimo, rispetto ai centodieci metri di un campo di football.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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