Spagna eliminata, tiki-taka è ora della pensione?

La "maledizione dei campioni del mondo" colpisce ancora. A Brasile 2014, dopo sole due gare la nazionale spagnola, vincitrice in Sudafrica è fuori dalla competizione, battuta sia dall'Olanda che dal Cile. Colpa solo del tiki-taka?

La mesta uscita delle Furie Rosse dopo il Cile
La mesta uscita delle Furie Rosse dopo il Cile

Sono ormai tre delle ultime quattro edizioni del Mondiale che le squadre campioni del mondo nell'edizione precedente vengono eliminate nel girone eliminatorio. Era successo alla Francia nel 2002 al mondiale nippo-coreano dove arrivava dall'aver vinto l'edizione casalinga del 1998; nel 2010 era toccato all'Italia di Lippi, vincitrice in Germania nel 2006, e costretta a fare le valigie dopo un fallimentare girone eliminatorio. Ora la conferma della Spagna, resa ancora più clamorosa dal fatto che la nazionale iberica veniva non solo dall'aver vinto il Mondiale 2010, ma anche le due ultime dizioni dei campionati europei, nel 2008 e nel 2012.

E per gli Iberici, attesi domani dall'ultima gara contro l'Australia prima di fare il mesto ritorno a casa, subito è stato facile mettere all'indice il "tiqui-taca" (come si chiama in spagnolo), modello di gioco non solo della nazionale di Del Bosque, ma anche del Barcellona, che negli ultimi due anni, pur con i suoi grandi campioni, è stato scavalcato sia in patria che in Champions League. Il tramonto, od addirittura la fine del "tiki-taka" è stato decretato sia dai giornali sportivi spagnoli che da quelli di altre nazioni, che si erano già sbilanciati dopo la prima sconfitta per 5 – 1 da parte dell'Olanda, che aveva così vendicato con gli interessi la finale del mondiale sudafricano.

Andando a valutare, però, più attentamente quanto è successo nelle due gare in Brasile, si può fare anche un'analisi diversa del risultato ottenuto dalle "Furie Rosse", Nazionale che più della mancanza di gioco, ha patito la mancanza, causa invecchiamento, dei protagonisti principali. Oltre alla maggiore età i vari Xavi, Iniesta, Casillas, Xabi Alonso, giocatori per anni vera spina dorsale non solo della Spagna, ma anche dei loro club, hanno patito i numerosi impegni (molti dei quali sono arrivati in fondo in Champions) ai quali si sottopongono nel corso della stagione, e forse, in qualche caso anche un fisiologico appagamento dopo i grandi risultati ottenuti.

Del resto la carta d'identità non fa sconti e gran parte dei titolari della nazionale guidata da Del Bosque hanno superato i 30 anni e pur essendo stati una "generazione di fenomeni", stanno ora pagando le conseguenze del loro impegno costante negli scorsi anni. La Spagna che nel 2008 tornò ad un successo internazionale, l'Europeo, dopo circa 50 anni, sotto la guida di Luis Aragones, fu da tutti definita una "macchina da calcio" e seppe veramente far innamorare del suo fraseggio e del suo gioco, anche i tifosi di altre nazioni che le hanno riconosciuto il merito anche nelle successive vittorie.

Oltre al gruppo dei trentenni, solo David Silva, ventotto anni, e Gerad Piquè (difficile, ad esempio, che ripercorra la carriera di Puyol), ventisette, possono essere accostati a quel livello, anche se entrambi non fanno della continuità il loro massimo pregio. Le nuove leve, che sembravano pronte a sostituire i campioni sul viale del tramonto, negli anni hanno dimostrato di essere buoni giocatori, ma senza raggiungere le vette dei loro compagni; situazione che vale per Cesc Fabregas, come pure per Pedro, Busquets, Thiago Alcántara, e forse anche per il centrale del Real Madrid, Sergio Ramos.

Un calo generale che ha portato Del Bosque anche a "rinnegare" parte del suo "credo" tattico per fare spazio al centro dell'attacco ad un centravanti "vecchia maniera" come il Brasiliano naturalizzato Diego Costa, che tanto bene ha fatto nell'Atletico Madrid di

Simeone. Senza peraltro ottenere risultati degni di nota.
E l'immagine della Spagna attuale è ben raffigurata in Xavi che guarda i suoi compagni dalla panchina nel corso della gara perduta contro il Cile di Vidal e Sanchez.

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