Suarez, Cavani, Vidal: serie A per over 30

Altro che promesse, le big puntano sull'usato sicuro. Che cerca l'ultima ribalta

Suarez, Cavani, Vidal: serie A per over 30

Una volta l'arte dell'improvvisazione, virtù storicamente nazionale, era affiancata dal genio italiano. Un genio letterario, artistico, scientifico, politico, esportato nel mondo ma ancor prima capace di segnare la grandezza del nostro Paese. Anche in ambito economico, malgrado una mancanza di pianificazione spesso cronica, ci siamo distinti fino a diventare nel 1991 la quarta potenza industriale del pianeta. La netta sensazione è che ormai, invece, si navighi esclusivamente a vista. In Italia si pensa all'oggi, e una simile premessa condiziona anche il dibattito politico: dalle sempreverdi mance più o meno elettorali alla proposta di rendere il Belpaese una sorta di paradiso fiscale per pensionati, sulla scia del Portogallo. Sì perché l'Italia è diventata un museo a cielo aperto, una Nazione in decrescita (in)felice, il luogo ideale in cui trascorrere i propri ultimi anni in santa pace tra le bellezze storiche e naturali, tra i piaceri del cibo e del vino.

La stessa cosa si verifica nel calcio, formidabile specchio della società come sostiene il grande giornalista Massimo Fini. Negli ultimi anni abbiamo ingaggiato decine di giocatori che altrove avevano concluso il proprio ciclo, offrendo loro condizioni assai favorevoli; dal valore tecnico generale del campionato, più che adatto ai ritmi e alle esigenze degli over 30, agli svariati e recentemente introdotti benefici economici. La stessa telenovela Messi è stata fondata sulla speranza finanziaria. Come a dire, senza neanche nascondersi troppo: l'unica possibilità di portare la Pulce in Italia è vestire i panni di un novello Qatar che, anziché promettere soldi a palate, garantisce che ne vengano prelevati il meno possibile (con il vantaggio di restare al centro del mondo sportivo, solo un po' in periferia).

Dalla legge di stabilità del 2017 i calciatori possono infatti approfittare della norma sui cosiddetti neo-residenti, sfruttata anche da Cristiano Ronaldo, che comporta un'aliquota forfettaria da 100mila euro annua su tutti i redditi prodotti all'estero. Ma c'è anche la misura per gli impatriati del Decreto Crescita 2019 la quale, pur non essendo cumulabile con quella sui neo-residenti, consente ai club di risparmiare la metà dell'imponibile sullo stipendio lordo di un giocatore che si trasferisce da noi per almeno due anni (un contratto netto di 20 milioni non ne costa più alla società 40 complessivi bensì 30).

Così mentre la Roma presenta in pompa magna il trentatreenne Pedro (ma Friedkin già punta a ridurre il monte ingaggi di circa il 20%), mentre il quasi trentanovenne Ibrahimovic rinnova con il Milan a 7 milioni, la Fiorentina si aggrappa al trentasettenne Ribery e il Benevento sogna un eterno Gervinho, nelle stesse ore la Juventus prova a chiudere con Luis Suarez, anch'egli favorito dalle vantaggiose condizioni nazionali, e si parla di Cavani, mentre l'Inter è vicina al coetaneo Vidal.

L'Italia, priva di visione e senza quell'ingegno eclettico che l'ha sempre contraddistinta, si ritrova fedelmente nel pallone. Ridotta a resort di lusso può al massimo assistere all'unico progetto sostenibile in patria: parliamo dell'Atalanta che però, nell'ultimo anno, non ha portato al gol nemmeno un italiano.

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