
L'unica frase che non riuscì mai a pronunciare è «Campioni del mondo». Per uno scherzo del destino azzurro, Bruno Pizzul seguì le imprese dell'Italia dall'86 al 2002, da Bearzot a Trapattoni, attraverso cinque mondiali e tre Europei, senza mai riuscire a raccontare quello che vissero il suo predecessore Nando Martellini (nell'82) e il suo successore Marco Civoli (nel 2006). In mezzo invece lui, il professore di Cormons, il telecronista gentiluomo, la voce che ha portato la Nazionale e tutto il calcio italiano nelle nostre case con un tono e un garbo straordinario.
Cominciò a raccontare l'Italia da Messico '86, quasi con un po' di pudore per aver dovuto sostituire il «maestro» Martellini, rimpatriato dopo aver avuto un malore per l'altura. E chiuse nel 2002 dopo eliminazioni per colpa di rigori sbagliati, uscite a vuoto e arbitri assurdi come Byron Moreno. Ma sempre con eleganza, senza lasciarsi andare a espressioni esagerate.
Come sembrano lontane quelle sobrie telecronache, se riascoltate oggi nell'era degli urlatori. E d'altra parte lo stesso Pizzul non fu mai tenero con i suoi eredi, sostenendo che il telecronista non deve mai essere protagonista, ma semmai strumento per capire meglio ciò che si vede. Non a caso lui era l'uomo dei «batti e ribatti» o dei «cincischia», delle «sventole» o del centravanti che «ha il problema di girarsi», delle «consultazioni del cronometro» e del «tutto molto bello», proprio quando si trovava davanti a un'azione irresistibile, di quelle che oggi costerebbero i timpani ai telespettatori.
Si rifece raccontando tante vittorie dei nostri club, in un'epoca in cui dominavano in Europa, ma ebbe anche l'onere di raccontare dal vivo la tragedia dell'Heysel con quella telecronaca «asettica», come disse lui, che fu costretto a recitare dopo aver annunciato l'ecatombe.
Ma il massimo della raffinatezza lo raggiunse proprio in Messico nell'86, quando definì una «gherminella» il colpo di mano con cui Maradona beffò gli inglesi. Un vocabolario che purtroppo se n'è andato con Bruno Pizzul.
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