Tamberi, senza lieto fine il suo romanzo popolare

Ieri mattina altra colica, poi in ospedale a tre ore dalla gara. Ma si presenta comunque in pista: stop a 2,27

Tamberi, senza lieto fine il suo romanzo popolare
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nostro inviato a Parigi

Ha perso, ha vinto, ha perso. Il romanzo popolare di Gimbo d'Italia finisce quando manca poco alle venti. Boato prima e boato dopo. L'atleta azzurro adottato da tutto il mondo fa breccia anche tra i francesi notoriamente sciovinisti su parecchie cose e sullo sport di più. Gimbo eliminato, mani sul viso, l'abbraccio forte di Stefano Sottile al suo capitano, Stefano è ancora in gara, si inerpicherà fino a 2,34, migliorando se stesso di un centimetro, splendida gara per il 26enne di Borgosesia allenato da Valeria Musso. Ed ennesimo quarto posto di questa spedizione azzurra, «erano cinque anni che tentavo di migliorarmi e mi dà fastidio finire quarto con la stessa misura del bronzo di Barshim» dirà. Gimbo out, disperato ma non troppo, come se non ne potesse più, ci ha provato, ma le gambe non erano più le sue, non lo era la corsa, non lo era lo stacco, non lo era il volo, non era più Tamberi. Niente forza, niente esplosività, ma di che parliamo, aveva una flebo nel polso fino a tre ore prima e nella notte un calcolo gli era rotolato nel ventre e nell'animo svegliandolo fra dolori lancinanti. «È tutto finito... alle 5 di notte mi sono svegliato a causa di quello stesso dolore di qualche giorno fa. Un'altra colica renale. Sono passate ore e ancora il male non passa. Sono riuscito a battere il destino una volta dopo l'infortunio nel 2016, ora purtroppo penso proprio che abbia vinto lui...». E poi: «Sono trascorse 10 ore e la colica renale ancora non è passata... sono appena stato portato in pronto soccorso in ambulanza dopo aver vomitato due volte sangue, vi aggiorno per l'amore che mi state mostrando... è un incubo». Il suo racconto via social spaventa, intenerisce e sorprende, «I will be there» annuncerà nel tardo pomeriggio dopo l'ok dei medici, «sarò lì, sarò in pedana».

Ha vinto e perso e vinto, non era lui ma c'era lui a saltare, 2,22 al terzo tentativo per il boato dello Stade De France e gli applausi dei rivali e dell'amico Barshim, però cinque centimetri più in alto ecco lo stop, Gimbo ti fermi qui. Tamberi attraversa la pista e va dagli amici più amici che l'hanno seguito ovunque tranne a Tokyo per via del covid e del veto al pubblico. «Mi avrebbero voluto vedere a Rio ed avevo il gesso, a Tokyo c'era la pandemia, ora sono venuti qui ma la colica e cavolo vedrete che ce la farò» aveva urlato alla vigilia. Non ce l'ha fatta. Ha onorato la presenza, ha onorato l'Italia, ha onorato i suoi amici, da brividi il lungo, lunghissimo abbraccio di gruppo che lo avvolge in curva. E c'è Chiara, la moglie. Barshim lo raggiunge e gli sussurra parole giuste, sono carezze in questo momenti, Barshim il fuoriclasse qatarino con cui Tamberi aveva condiviso l'oro a Tokyo e che ieri ha fatto tutto da solo e si è perso anche lui, ma non troppo, sarà bronzo alla fine mentre Gimbo con tuta e cappuccio si appoggia sfinito a un frigo delle borracce e segue l'intera gara. Entrambi avevano come obiettivo l'impresa storica, l'oro bis mai riuscito nell'alto, ma in ospedale uno e in pedana l'altro niente da fare. Medaglia d'oro al neozelandese Hamish Kerr, argento all'americano Shelby McEwen, entrambi a 2,36, ma niente oro condiviso per loro, la vittoria decisa dallo spareggio. Che nell'alto è un po' un ascensore, si prova a salire e se non si riesce si scende di quota, il piano sotto premierà Kerr, a 2,34.

Tra l'ascensore di ieri e l'oro condiviso di tre anni fa ci passa il mondo, forse l'unica stonatura nel copione scritto dallo sceneggiatore da premio Oscar di quest'ultima serata dell'atletica allo Stade de France. Copione drammaticamente meraviglioso con Gimbo che c'è e non c'è, Gimbo favorito che due mesi fa aveva vinto gli europei a 2,37, Gimbo portabandiera, Gimbo che finisce due volte in ospedale e l'ultima a poche ore dalla gara della vita. Sceneggiatore da premio Oscar e bastardo chi ha orchestrato tutto, generoso di colpi di scena non richiesti, come le parole di Tamberi dopo la gara: una lezione rivolta, senza saperlo, a chi fa troppo poco nella propria vita, usandola a metà. «Nonostante tutto mi ero convinto di poter fare quel qualcosa che avrebbe cambiato la gara» dice prima di commuoversi, «sapete, dedichiamo tutto allo sport e io non mi sono mai fermato a guardare quello che avevo fin qui ottenuto, no non mi meritavo quanto accaduto. Ho dato tutto allo sport, non sono mai cambiato per il successo, ero qui con la stessa fame di sempre ma non c'era tutto il resto».

E poi e su tutto quella frase che rende il senso delle rinunce che questi ragazzi fanno ogni santo giorno: «Ho lavorato così tanto per questa gara che pensavo di addio, ho dato tutto per prepararla, magari avremmo potuto allargare la famiglia già tre anni fa... Quanti sacrifici... quanti sacrifici». Gimbo ha perso, ha vinto, ha perso. Decidete voi. Non è oro, ma vale più dell'oro. «Grazie italiani, mi avete dato forza!»

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