Rio de Janeiro. Nessun avversario sarà ricordato in Brasile come quel ragazzo di Prato che rifilò tre gol alla Seleção. Eppure quando Paolo Rossi non giocava più, i tifosi non avevano ancora digerito l'affronto. Chi scrive era a San Paolo nell'estate brasiliana del 1989 per la Coppa Pelé, una sorta di Mondiale di «Veterani». Erano ormai passati quasi sette anni dalla «tragedia» sportiva brasiliana del 1982 al Sarrià, stadio di Barcellona che non esiste più.
L'Italia di Rossi, Gentile, D'Amico, Benetti, Graziani era una delle sei nazionali presenti. La partita entrò agli archivi non per il calcio giocato bensì per la marcatura individuale della tifoseria locale sul giustiziere del Sarrià. Ogni volta che Rossi toccava palla era etichettato dai tifosi col coro di é esse (è questo). Non lo perdonavano per il 1982. Qualche fanatico brasiliano lanciò pure dagli spalti una pila che gli sfiorò la testa. «Poteva rompermela», si lamentò all'epoca il cannoniere azzurro. Rossi, che non aveva ancora compiuto 33 anni, era già un ex calciatore. All'intervallo venne sostituito dal ct dell'Italia Valcareggi su richiesta dello stesso attaccante. «Se ero il motivo di tutto ciò, era meglio che uscissi dal campo», spiegò. Per la cronaca la partita finì 1-1, rete di Graziani per gli azzurri.
Ma il fatto più clamoroso successe alla vigilia. Il toscano girava per San Paolo in taxi quando l'autista lo riconobbe. «Sei Paolo Rossi? Scendi dal taxi! Hai fottuto il Brasile nel 1982!».
L'episodio venne poi confermato dallo stesso Rossi che evitava di parlare male del Paese quando veniva a queste latitudini, ma sapeva ciò che rappresentava: «Col Brasile ho relazione di amore ed odio. Più di odio che di amore», commentava ridendo.
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