Toh, si corre in Russia e un russo vola. Lewis pole, Kvyat è 5°

All'improvviso fra i top team la Toro Rosso del baby talento. Ed Hamilton è davanti a Rosberg. Alonso 7°. Vettel fuori in Q3

Daniil Kvyat,  20 anni, russo, in azione sulla Toro Rosso nel Gp di Sochi
Daniil Kvyat, 20 anni, russo, in azione sulla Toro Rosso nel Gp di Sochi

Che cosa dire di uno sport che per la prima volta debutta in Russia e la Toro Rosso si trasforma in una Mercedes e il russo Kvyat diventa Hamilton e segna il quinto tempo e oplà? Che cosa dire di uno sport che a Barcellona, stagione 2012, sir Frank, nel senso di Williams, compie gli anni e sono settanta e sono importanti, e d'un tratto il suo pilota Maldonado si ritrova in pole e sul gradino più alto del Gp e oplà? Che cosa dire di uno sport in cui il quattro volte di fila campione del mondo Vettel comincia a costare, a invecchiare, ad essere poco in linea con il brand Red Bull e Ricciardo invece ride e corre gratis e il primo diventa una pippa, ieri neppure in Q3, e il secondo il nuovo Vettel e oplà? Meglio non dire. Basterebbe accontentarsi mestamente di non chiamarlo sport. È sufficiente show. Come il wrestling che fa audience e regala salti, botte, spettacolo e però mica è tutto vero. Comunque, dai, brava Toro Rosso motorizzata Renault e bravo pure al russo che non aveva mai visto zone così alte e da cinque Gp non scattava oltre l'11° posto e invece eccoli volare nel giorno giusto e nel mezzo del solito festival über alles. Cioè con la Mercedes che fa la Mercedes, settima pole dell'anno per Hamilton, Rosberg subito dietro, poi Bottas su Williams-Mercedes che butta via l'impresa all'ultima curva e però è comunque terzo, e ancora Button su McLaren-Mercedes. Solo sesto Ricciardo su Red Bull-Renault e solite Ferrari: Alonso settimo e Raikkonen ottavo a un secondo e due e sarebbe stato peggio se Magnussen, sesto tempo, non fosse stato retrocesso di cinque posti per la sostituzione del cambio.

E che cosa pensare di uno sport in cui un pilota finisce contro e sotto una gru in pista e l'uomo incaricato di far luce sul dramma, Charlie Whiting, direttore tecnico e di gara della F1, è l'accusato principale per via della procedura scelta mentre la gru manovrava. Uomo che infatti assolve le decisioni adottate dalla Fia, cioè da se medesimo, e anzi sottolinea che la colpa è dei piloti che vanno troppo veloci mentre le bandiere gialle sventolano e le ruspe manovrano. Solo che il pilota va veloce a prescindere e rallentare per lui è concetto relativo sennò farebbe il Charlie Whiting o il giornalista.

Questo mentre il presidente della Fia, Jean Todt, colpito due volte dal dramma di Bianchi, perché della sicurezza a tutti i livelli dell'automobilismo ha fatto la propria crociata e perché molto vicino alla famiglia del pilota francese, assicura che l'indagine sui fatti di Suzuka e le valutazioni del caso verranno comunque affidate a una società esterna. Bene. Anche se qui si apre un'altra crepa: può una società esterna a cui la Fia commissiona (e quindi paga) un servizio, valutare l'operato della Fia?

Intanto, ieri mattina, i team principal dello show F1 si sono riuniti per discutere dell'incredibile scoperta fatta dal direttore di corsa: e cioè che i piloti vanno veloci. L'accusatore-accusato Whiting, in sintesi, aveva infatti detto che «con bandiere gialle i piloti rallentano poco o niente». Quindi colpa loro l'incidente di Bianchi e Jules se l'è cercata. Whiting aveva anche anticipato che la Fia, con i team, avrebbe studiato un modo per imporre la velocità giusta. Ieri mattina i boss delle squadre si sono incontrati e accordati per sperimentare nelle libere di Austin un sistema per rallentare quegli incoscienti dei loro dipendenti quando le bandiere sventolano e le gru vanno a zonzo per la pista.

Si tratterebbe di un altro software sul volante che, in caso di pericolo, farebbe comparire sul display un tempo minimo di percorrenza da rispettare lungo i tratti a rischio.

Vedrete: qualcuno andrà a sbattere lo stesso. Lo dicono anche mamma e papà che quando si guida si devono tenere gli occhi sulla strada.

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