Avanti col Maestro. L'oro di Parigi sarà difeso dalle azzurre del volley con Julio Velasco in panchina: «Sento ancora gli occhi di tigre. Avevo detto che era necessario un momento di riflessione. Adesso è passato un po' di tempo e posso dire che per il bene della Nazionale e del movimento, l'intenzione è quella di andare avanti fino a Los Angeles 2028. Con il Presidente Manfredi stiamo parlando e non penso ci saranno problemi a trovare l'accordo per il rinnovo». Chi meglio di Andrea Lucchetta, uno dei suoi ex allievi della Generazione dei Fenomeni che ha scolpito sul campo gli schemi vincenti del primo Velasco per commentare l'epopea del tecnico argentino anche con le donne.
«Lucky», il trionfo delle donne a Parigi ha spezzato il tabù. Qual è stata la chiave del successo di Velasco?
«Era dal 2018 che queste ragazze vagavano in giro in un universo in cui c'erano problematiche da risolvere. Le ha risolte un allenatore che ha messo un modello prettamente maschile, ha messo dei binari ferrei con i quali credere fermamente sul tutto e subito. E il tutto e subito è arrivato. Julio ha messo le cose giuste. Qui e ora, come il mantra olimpico. Sono diverse le chiave del successo, ma se devo dirne una penso al doppio cambio sistematico Cambi-Antropova per Orro-Egonu che ha dato due messaggi alla squadra: se giochi male vai in panchina, se giochi bene il doppio cambio diventa un problema per le avversarie».
Tra quattro anni l'Italia non avrà alcune giocatrici viste a Parigi. Come vede il futuro?
«L'Italia ha iniziato il cambio generazionale prima rispetto a squadre come Turchia, Serbia, Stati Uniti. Sotto abbiamo giocatrici di grande eccellenza che spingono».
Il volley italiano attraversa un'età dell'oro?
«Il nostro movimento è in salute. La federazione italiana pallavolo ha ottenuto successi a cascata dall'under 23 fino all'under 14. E questo fa ben sperare in vista di Los Angeles 2028. Io con Mario Barbiero e Marco Mencarelli sto portando avanti nelle scuole il progetto spikeball del volley S3 del quale vorrei parlare a Julio».
Sulla finale persa nel '96, Velasco ha detto che non aver festeggiato quell'argento sia stata la più grande ingiustizia. Lei come l'ha vissuta?
«Perché andare a cercare il dna di una mummia? Io guardo avanti, mai indietro».
Il ricordo più bello della Generazione dei Fenomeni?
«Quello che non dirò mai. Bisogna fare in modo che certi ricordi possano restare indelebili e restino nella propria ricerca».
Qual è la cosa immutata di Velasco?
«La sua mimica facciale come a dire: No se puede. Ogni sua espressione è come un libro da leggere. Diventa affascinante per le ragazze».
E poi è anche un grande affabulatore.
«Sì, è un oratore e un comunicatore meraviglioso. Anche io ho preso spunti dalle sue metafore. Lui le ha metafore come Dan Peterson. Ma Velasco è unico e ce l'abbiamo solo noi. Speriamo non entri in politica. La politica della medaglia d'oro è quella più vincente, anche rispetto al calcio. Con Bearzot li avrei visti bene insieme».
Il campionato è ripartito tra le sorprese: come vede le milanesi?
«Conegliano è la squadra da battere, fin tanto che c'è Asia Woosz in regia, anche se a breve tornerà Paola Egonu.
C'è meno equilibrio rispetto alla Superlega degli uomini, in cui Perugia e Trento sulla carta sono più forti. Milano e Monza sono due realtà sempre più interessanti. Non a caso l'anno scorso Monza è arrivata a giocarsi una finale storica».
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