Non c'è bisogno dei veleni. Dopo il caos dell'andata, il derby d'Italia scivola via senza nemmeno uno scatto di nervi nel giorno in cui il contatto Iuliano-Ronaldo festeggia un quarto di secolo. Basta l'allegrata di inventarsi una Juve senza punte e il redivivo Bonucci per lo schema palla lunga e pedalare per confenzionare una partita noiosa, brutta nemmeno vibrante. Perché a quel punto l'Inter quasi non crede ai suoi occhi, si veste da Signora, aggredisce la partita la mette in discesa dopo aver fatto la voce del più forte, neanche urlando troppo, quasi sorpresa dalla pochezza dei rivali.
Non c'è stata partita, quasi aspettando il colpo di «grazia» di Lukaku, partito dalla panchina dopo la riabilitazione di Gravina. Una povera Juventus che rischia davvero di restare per due anni di fila senza trofei. Eppure Allegri aveva suonato la carica: «Dobbiamo tornare a vincere». Così la strada è davvero in salita, quello di San Siro sembra un atto di impotenza nell'anno del centenario della proprietà Agnelli. Resta l'Europa league come salvagente di una stagione surreale. Poi bisognerà raccogliere le macerie e provare a rimettere insieme una squadra credibile.
L'Inter è tornata ad esserlo nel momento più importante. Andrà a Roma per la finale di coppa Italia, ma prima si giocherà contro il Milan la qualificazione a quella di Champions League. Inzaghi è sempre più l'uomo di coppa, la curva torna a osannarlo, D'Ambrosio insieme a lui che alla vigilia aveva speso parole per unire l'ambiente. Invece Allegri addirittura richiama De Sciglio che protesta per un fallo. Per una notte non c'è più il derby d'Italia, ma una sfida tra due rivali storiche che si sono scambiate il dna.
L'Inter feroce e cattiva, la Juve tenera, svuotata anche se finora in tre precedenti non aveva
mai perso. Inzaghi ha rubato l'idea ad Allegri. La Signora fa scena muta dopo i buu razzisti all'andata dei suoi tifosi. A sapere dell'allegrata non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di Lukaku. Ma questa è un'altra storia.
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