Sarà mai l'importanza di chiamarsi Federico? Nello sport nostro un nome una garanzia: Federica Pellegrini, Federico Chiesa, Federica Brignone. Ed ora aggiungete Federico Dimarco che infila gol con il sapor dolce del sentirsi interista puro.
Eppoi dev'essere quel brillare di coppa a piacergli tanto. Ragazzo al sapor di coppa. Si era capito contro il Milan, seppur fosse lontano dai respiri e dai sospiri di San Siro. Laggiù a Riad, nella finale di Supercoppa dove tutto pareva un poco sotto vuoto.
Ieri sera, invece, si è voluto godere la festa, l'urlo, l'esaltazione di uno stadio da 70mila che impazzisce per una rete e per la chance di un'altra finale. Cos'altro può chiedere al Dio del pallone un ragazzo milanese, nato nel quartiere di Calvairate, abituato a respirare l'aria di Porta Romana bella, che non è quella cantata da Nanni Svampa ma, da 50 anni, il regno dell'ortofrutta dei genitori. E chissà mai che quella tigre tatuata sulla sua schiena non ispiri la voglia di mangiar campo e palloni, sbranare l'avversario, così le scarpe gialle che filano come una silurante sulla fascia sinistra. Che poi, a Verona, preferisse farsi chiamare Whisky potrebbe essere il distinguo della sferzata di energia che gli piace tanto. E se sono gol ancora meglio. Ieri ha cavato dal repertorio la replica della rete segnata a Riad, quel giorno primo della serie nerazzurra che portò la coppa. Stessi compagni di killeraggio: allora tutto partì da Dzeko, per una palla rifinita da Barella e chiusa dal Federico rombante. Ieri Barellik ha infilato un pallone in area, che ha fatto andare in tilt la difesa bianconera, Dzeko ha provocato il diversivo e Whisky ha ubriacato tutti penetrando nel vuoto e chiudendo di esterno sinistro. Esprit de finesse calcistico per questo ragazzo, classe 1997, al quinto gol stagionale. E per compagni di avventura gli assist di Barella: finora 4, come fossero l'annuncio della festa.
Fra l'altro le statistiche nerazzurre raccontano che, alla voce difensori, solo Hakimi in una stagione ha segnato più reti: furono 7 nel 2020-2021. Hakimi come Dimarco è una silurante di fascia, entrambi hanno un bel calcio, un piede che fa male ed una corsa che tira il collo agli avversari. Segnali a mostrar la faccia da predestinato nato nelle giovanili nerazzurre, cresciuto nelle esperienze tra Ascoli ed Empoli, Sion, Parma e Verona. In nerazzurro lo lanciò Mancini proprio come capitò a Bonucci, che ieri se lo è visto passar via nel momento decisivo. Che dire? Ghiribizzi del pallone. E la buona stella vigila: per esempio, Dimarco per un paio di volte ha rischiato di lasciar spazio a De Sciglio sotto porta. Ma la luna aveva scelto il favorito.
Infine, lo dice la sua storia, Dimarco in qualche modo deve lasciar segno a San Siro. Non a caso segnò il suo primo gol in serie A proprio in questo stadio. Quella volta la vittima fu l'Inter, lui giocava nel Parma. Ma ormai lo sgarbo è ripagato.
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