Tutti in Ruanda, appassionatamente. La mia Africa della Formula 1 comincia nell'ex colonia tedesca famosa per il suo parco dei vulcani popolato dai gorilla di montagna. Ci hanno mandato Max Verstappen a fare i lavori socialmente utili per espiare la sua pena, ma prima lo hanno vestito in smoking, seduto in prima fila accanto a Kelly e lo hanno premiato. Insomma se farsa doveva essere, facciamola bene fino in fondo. La Fia ha organizzato la cerimonia di premiazione 2024 a Kigali e già che c'era ha fatto scontare la pena a Max e si è seduta attorno ad un tavolo con Liberty Media e il governo del paese per firmare il contratto che presto dovrebbe portare un gran premio in Africa, dove manca da 31 anni. La Fia e Liberty Media volevano tornare in Africa a tutti i costi per completare il loro giro dei Continenti. E quando si è capito che in Sud Africa non si riusciva a concludere l'affare, ecco spuntare il Ruanda. D'altra parte se si va a correre in paesi che rispettano poco i diritti civili, che problema ci sarebbe a portare il circus in uno dei paesi più poveri del mondo, visto che si tratta di uno dei 25 stati con maggior tasso di povertà.
Il primo a voler correre in Africa è Lewis Hamilton che quest'estate è stato alla ricerca delle sue origini in Namibia, Ruanda, Kenya e Tanzania e alla fine del viaggio ha detto: «Non sono più lo stesso uomo di prima, la bellezza, l'amore, la pace di certi posti mi hanno trasformato». Il presidente ruandese, Paul Kagame, ha le idee chiare: «Vogliamo diventare la Singapore d'Africa e il nostro obiettivo è quello di far progredire la nazione». Intanto deve investire 150 milioni di dollari, oltre l'1% del PIL annuale del suo paese.
Ha senso tutto questo? Certamente, ma solo se la Formula 1 lascerà un'eredità e aiuti a costruire qualcosa. Non potrà arrivare in Africa, incassare e scappare come fa in tanti posti che possono permetterselo. Questa deve essere un'operazione seria, non una burla come la punizione di Max (per altro assurda).
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