È lui il padrone della America's Cup. L'uomo che decide, nella organizzazione dell'evento e dentro Emirates Team New Zealand che ha riportato alla vittoria. Si chiama Grant Stanley Dalton, è un vecchio salty dog come direbbe un velista pratico di quel pezzo di mare, il Solent, dove è nata la leggenda dell'antico trofeo. Un fondale dove prima della Goletta America, che ha poi dato il nome all'evento, hanno gettato l'ancora le navi dei grandi navigatori, dal corsaro della regina (Elisabetta I°) Francis Drake a Horatio Nelson. I fedeli lo chiamano Dalty, oppure fraternamente Mate, compagno. Con determinazione, e anche visione, ha voluto la Coppa in Europa a Barcellona, dove adesso ha una casa, anche se dice che «le case della Coppa sono la Nuova Zelanda e l'Italia», perché sono i due paesi dove adesso c'è passione e pubblico. Non sempre però questo coincide con le opportunità economiche e turistiche che sono necessarie per l'evento.
È soddisfatto della Coppa a Barcellona?
«Quando abbiamo lasciato lo abbiamo fatto per sopravvivenza, e non lo abbiamo fatto con l'intenzione di non tornare mai. Ma le condizioni che ci hanno spinto a partire restano, la crisi economica è forte. In Spagna c'è una time zone perfetta per la maggioranza degli sponsor e del pubblico che mi aspetto cresca ancora».
Il marchio Louis Vuitton è tornato protagonista.
«Ha dato tanto alla Coppa e non credo che il nostro evento non sarebbe così forte se negli anni non ci fosse stata questa associazione. Conosco Pietro Beccari da tempo ed è stato facile trovare un accordo».
Chi vorrebbe incontrare tra i due sfidanti che sono adesso nella finale Louis Vuitton Cup?
«Il cuore è per Luna Rossa con cui abbiamo condiviso tanti progetti e battaglie e che ci ha aiutato a vincere nel 2017 quando tanti del loro team erano rimasti con noi. Ma Luna Rossa in questa edizione è fortissima. Ineos Britannia è cresciuta all'improvviso e appare veloce in alcune condizioni. Proprio per questo credo le restino dei buchi in alcune condizioni, insomma che sia più facile da battere».
Ma in una prossima edizione non sarebbe il caso di scegliere barche che assicurano il foiling anche con intensità di vento minori?
«Il limite di 6 nodi e mezzo è già piuttosto basso, sotto quel limite è anche noioso da vedere. Nel futuro forse vedo di più un coinvolgimento di giovani e donne e forse un format che ammetta anche le fleet race con gli AC75».
Ha visto navigare i giovani della Unicredit Youth America's Cup?
«Si, ho visto i giovani di Luna Rossa andare molto forte e i loro timonieri mi ricordano tanto Peter Burling.
Luna Rossa, molto più di altri team, ha con sé la prossima generazione di timonieri per la Coppa. La sorpresa è vedere che anche alcuni team invitati sono veloci, come gli svedesi e gli spagnoli, e può essere una premessa per sfide future».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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