Dopo gli spot, il cinepanettone "L’effetto Belén" è già finito

Lo stop del contratto con la compagnia telefonica, "Natale in Sud Africa" superato da Aldo, Giovanni e Giacomo. La soubrette pare perdere colpi. Sanremo era l'occasione della sua consacrazione, ora è la sua chance di salvezza

Dopo gli spot, il cinepanettone  
"L’effetto Belén" è già finito

È troppo bella per non essere vera e, nel caso specifico, per non funzionare. Eppure... Non funziona. Prima l’ha fatta fuori Telecom dagli spot (o quantomeno sta valutando di farlo), ora la boccia il box office per i risultati del cinepanettone. La banda dei Babbi Natale di Aldo, Giovanni e Giacomo ha infatti superato a sorpresa il Natale in Sud Africa di Neri Parenti, in cui Belén è la novità più rilevante. E il tradizionale film di Natale ha incassato bene ma comunque molto meno rispetto all’anno scorso.

Ora le resta il Festival di Sanremo. Che all’inizio era il fiore all’occhiello della sua consacrazione, adesso rappresenta la sua unica chance di redenzione. Se la giocherà a febbraio assieme a Gianni Morandi e alla fidanzata di George Clooney, Elisabetta Canalis. Che i giornali di gossip descrivono «in formissima» e «motivatissima», pronta per la prova della Riviera. E poi ci sarà lei: Belén Rodriguez. Di inarrivabile bellezza, di inspiegabile impopolarità. Che basti lo scapestrato fidanzato (Fabrizio Corona), o la cordiale tribù di gente strana della quale si contorna, a spiegare le ostilità del pubblico nei confronti della gustosa argentina? Eppure quando Belén si è affacciata sulla scena nostrana si è gridato al miracolo: bella da vertigine e anche «incomprensibilmente» preoccuppata di «saper fare». Belén balla, canta, recita, presenta, ride solo quando è il caso di ridere. Un miracolo si diceva. Se l’è cavata un po’ in ogni piega dello spiegazzato mondo dello showbiz, ha incantato i bambini, ha strizzato l’occhio ai papà, si è perfino fatta perdonare dalle mamme per quel suo equipaggiamento sfacciato ai limiti del sovrannaturale. Perché quello che stupisce di Belen è che sia tutt’altro che una corda tesa vibrata su un’unica nota.

Infatti per un po’ la tv è stata Belén centrica. Quasi come Current con Marco Travaglio. Poi... qualcosa ha iniziato a cigolare, come un tacco scollato sotto al troppo entusiasmo di capodanno, come un pavimento calpestato da troppa gente irriguardosa. Evidentemente. Ma cosa sta pagando Belén? Il suo buon passo avanti nella direzione sbagliata? Quegli arti affusolati come posate da insalata? Quella pelle fine, ad alto assorbimento di raggi solari, amante della luce? Quegli zigomi pungi-prossimo? Quella freschezza fruttata da ventenne anche se ventenne ormai non è più? Il fiato caldo del progresso? O cosa? Cosa non è bastato a traghettarla fuori dalla discussione di un pubblico censore e schizzinosetto?

O forse è che Belén non ha mai avuto un piano, ma si è limitata ad agire. Che sia stato solo il suo corpo ad aver avuto un piano? Che ora abbia perso fiato? Che Belen sia vagamente stanca di sé e priva di alternative? Che si sia limitata a darsi in ciò che le veniva dato? La frase piena di incognite e spine l’aveva d’altronde pronunciata lei stessa già qualche tempo fa, in ocassione di una presentazione stampa non ricordiamo più di cosa. Quando qualcuno le aveva chiesto se avrebbe presto ricoperto altri nuovi ruoli in tv, lei, candida e involontariamente profetica, aveva risposto «ma non vi stancherete, prima o poi, di Belén ovunque?». Il poi è arrivato prima. Ma perchè? Perché il piccolo veicolo del suo talento, che in fretta si è guadagnato un passaggio a bordo del mastodontico automezzo tv, l’ha lasciata in panne? Ora a Sanremo ci arriverà con la faccia sporca di grasso per aver ravanato nel carburatore in cerca di risposte, con lo straccio in mano e con una comprensibile avversione nei confronti di tante sue colleghe che, al contrario di lei, si sono accomodate sul largo sedile della propria avvenenza (comunque inferiore rispetto a quella di Belen, peraltro) senza darsi il disturbo di cercar di capire come funzionino turbina e motore. Ma che il passaggio sul mastodontico automezzo tv l’hanno convertito in un biglietto di sola andata, senza scendere più.

Che poi Sanremo è un «paese» strano: o consacra o sfascia. Non si è mai capito perché, ma è sempre andata così.

E a noi piacerebbe, indipendentemente dagli spot e dai film di Natale e dal pubblico ingeneroso, che quest’anno il Festival non lasciasse un solo, a questo punto scontato, superstite. In fondo la Canalis ha già Clooney, e per capire il funzionamento del carburatore non si è mai dannata troppo.

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