da Roma
Una proposta di legge per evitare «l’uomo solo al comando» Silvio Berlusconi e per ostacolare il «processo di leaderizzazione» della vita dei partiti di cui «Forza Italia è un prototipo». Questa è la sostanza di una proposta di legge presentata qualche mese fa dal vicepresidente Dl della Camera Pierluigi Castagnetti e da uno svariato gruppo di deputati dell’Ulivo. Ufficialmente l’obiettivo è quello di «consentire l’acquisizione della personalità giuridica dei partiti», attuando l’articolo 49 della Costituzione. Leggendo però attentamente tra le righe, già nelle prime pagine si notano gli attacchi all’ex premier e al suo partito.
Andiamo con ordine. La premessa della proposta dell’Ulivo, (presentata per l’esattezza il 26 novembre 2006, ndr) è quella di «riportare la democrazia all’interno dei partiti, di salvaguardare l’espressione del dissenso interno, di regolamentare le modalità per le candidature anche attraverso le primarie». E si continua con 2-3 capitoli di storia e cenni bibliografici, dedicati a definire cosa si intende veramente per «buona salute della democrazia» o per «moderno partito». Dopodiché l’affondo. A pagina 4 si trova il capitolo: «Un uomo solo al comando: il potere personale», vale a dire tutto quello che non deve fare un «partito democratico». Si legge testualmente: Berlusconi, con grande intuizione e «attraverso il controllo dei media» è riuscito ad «accelerare il passaggio ad una “democrazia monocratica”, con un premier legittimato dal voto popolare che risponde direttamente all’elettorato e alla nazione delle sue scelte di governo». E continua: secondo il «modello berlusconiano» i partiti diventano «associazioni di sostenitori»: veri e propri «club di tifosi», con tanto di «bandiere e inno della squadra, gadget» e che come tali «non hanno organi, non fanno congressi o, se li fanno, li fanno non per scegliere ma per incoronare il capo». Tipo? Semplice: «Forza Italia, prototipo di questo modello di partito», una «fabbrica di prodotti per conto del titolare», e che attua, seguendo il fenomeno del berlusconismo, «la personalizzazione della politica». Nelle battute finali del pdl arrivano poi le proposte: niente soldi pubblici ai partiti che nello statuto non prevedono una democrazia interna, e in particolare che non garantiscono la presenze delle minoranze interne negli organi collegiali.
Quello di attaccare il Cavaliere e il «fenomeno del berlusconismo» è un obiettivo più volte ripetuto dal primo firmatario della proposta. Basti ricordare le sue prime parole ai risultati delle scorse elezioni politiche (10 aprile 2006 ndr), quando uscendo dalla sede della Margherita Castagnetti diceva: «È finita la stagione di Berlusconi e del berlusconismo. Ora vogliamo far ripartire il paese». Da qui, forse, l’idea di fare una proposta di legge ad hoc.
«Il testo colma un vuoto apertosi dopo l’approvazione della Costituzione, che all’articolo 49 rimanda ad una legge ordinaria per regolare la vita dei partiti», spiegava qualche mese fa Castagnetti, parlando della proposta di legge, aggiungendo anche che «in questi decenni i partiti hanno patito o beneficiato di questa lacuna».
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