In questa strana Serie A che, causa Supercoppa, non avrà una pausa invernale, ben pochi si aspettavano sorprese da questa 17a giornata. Le cose sono andate più o meno secondo le previsioni ma in maniera mai prevedibile. Tutte le squadre di classifica hanno portato a casa la vittoria ma in maniera del tutto diversa. Aspettando i risultati di Inter e Fiorentina, il peso dei tre punti dell’Atalanta è ben superiore a quello delle vittorie di Juventus e Milan, arrivate dopo gare al limite dell’indecenza.
Cosa dire, poi, degli scontri delle romane, tornate a vincere dopo due sconfitte difficili da digerire, o del Bologna che, zitto zitto, rimane al limite della zona Champions. Il Napoli mette la solita prestazione lunatica, rischiando grosso a Marassi col Genoa ma rimanendo a due punti dalla Dea. Vi raccontiamo tutto nel nostro Pagellone del lunedì. Ci rivediamo tra una settimana per l’ultima giornata del 2024.
Il Bologna di Italiano fa sul serio (7,5)
Dopo sei vittorie in otto partite anche i più scettici dovranno accorgersi del gran lavoro dell’ex tecnico viola dall’altra parte dell’Appennino. Se l’affascinante distrazione della Champions ha reso complicato trovare l’amalgama, Italiano è riuscito a costruire un undici spumeggiante ma sempre cinico davanti alla porta. La cosa che dovrebbe preoccupare di più le rivali è che i felsinei trovano sempre gli uomini giusti per portare a casa i tre punti, dimostrando un’inaspettata profondità nelle seconde linee. Aggiungi poi una fase difensiva che vive del buon momento di Miranda e della solidissima coppia Beukema-Lucumì e la corsa dei rossoblu si spiega da sola. Cosa dire, poi, del contributo di Lykogiannis, che sfrutta i pochi minuti concessigli da Italiano per chiudere i conti?
Il bello è che il Bologna strappa tre punti preziosi in una partita nella quale Freuler è spento, Dominguez spreca troppo mentre Orsolini e Castro sono imprecisi e troppo nervosi. Se Odgaard è evanescente, ci pensa Dallinga a mettere in discesa la partita, aiutato nelle ripartenze dal solito Fabbian e da un Ferguson che non ha ancora trovato la condizione migliore. L’uomo-partita per Italiano, però, è Tommaso Pobega: l’ex milanista è falloso e poco ordinato per un’ora ma si sveglia nel finale, dove torna a fare il bello e il cattivo tempo. Il settimo posto in classifica è reso ancora più prezioso dal fatto di dover recuperare proprio lo scontro diretto col Milan. Se dovessero spuntarla, ripetere la straordinaria corsa Champions dell’anno scorso diventerebbe ben più di un sogno.
Atalanta, De Ketelaere salva il Gasp (7)
Magari è solo una sensazione ma, almeno a leggere quello che scrivono certi colleghi, parecchi non aspettano altro che un passo falso della Dea, per confermare che le gerarchie del calcio italiano continuano ad essere scolpite nella pietra. Ospitare al Gewiss il rognosissimo undici di D’Aversa sembrava la più classica partita trappola e, grazie agli svarioni di un Djimsiti irriconoscibile, i toscani sembravano in grado di poter completare il furto con scasso. Alla fine, però, arriva la undicesima vittoria consecutiva e tre punti pesanti che mettono una gran pressione alle rivali e un’altra settimana in testa alla classifica per la Dea. L’Empoli segna solo grazie alla dormita collettiva della difesa bergamasca ma, alla fine, torna a casa con la testa altissima e zero punti.
Ancora una volta a togliere le castagne dal fuoco al Gasp è la coppia d’attacco, che approfitta al meglio del gran lavoro di Ederson e Zappacosta, sempre più fondamentali per l’economia della rosa bergamasca. Se Ruggeri e Samardzic non brillano e Retegui esce presto per un problema muscolare, bastano e avanzano il bomber Lookman e un De Ketelaere trascinatore. Se la rete del definitivo 3-2 è splendida, il belga è ormai il leader dell’attacco, capace di segnare e far segnare. Altrettanto impressionante la progressione di Zaniolo, che parte piano per poi contribuire al 2-1 della Dea. Alla fine arriva un’altra vittoria sporca, di quelle che gli anni scorsi l’Atalanta avrebbe straperso. Magari non sarà favorita, ma questa Dea ha tutto per lottare a lungo per lo scudetto.
Dybala regala un bel Natale alla Roma (7)
Dopo una sconfitta accolta con sconcerto e rabbia dalla tifoseria, molti temevano che l’incrocio con il frizzante Parma di Pecchia avrebbe sparso sale sulle ferite della Roma. Pochissimi dei 61mila presenti all’Olimpico si aspettavano che l’undici di Ranieri avrebbe saputo trasformarsi ancora e sgretolare le sicurezze dei ducali, infliggendogli una sconfitta memorabile. Complice anche una prova soporifera degli emiliani, i giallorossi stritolano gli ospiti, finendo con un punteggio tennistico tanto bugiardo quanto ingeneroso. Le risposte importanti arrivano dalla difesa, con Svilar che ritrova il clean sheet e un Hummels sempre più autorevole ma a girare alla grande è tutta la squadra, che Ranieri ha il merito di tenere in campo tutti e 90 i minuti, cosa non affatto casuale.
Se Koné compensa la condizione precaria con tanta grinta, Angeliño fornisce cross perfetti grazie allo spazio concesso da Coulibaly mentre Paredes torna il direttore d’orchestra dei tempi d’oro, trovando pure la ciliegina sulla torta del gol. Se El Shaarawy spreca troppo davanti alla porta, sono Dybala, Saelemaekers e Dovbyk a garantire i tre punti ai capitolini. La Joya trova le reti che gli consentono di diventare il terzo miglior marcatore argentino in Serie A ma è l’ex milanista a sorprendere. Se il gol è dovuto alla papera di Suzuki, i suoi raddoppi difensivi sono preziosi tanto quanto il lavoro spalle alla porta dell’ucraino. Per quanto mi riguarda, la notizia più importante è che Ranieri ha trovato i suoi titolari: il peggio per i giallorossi potrebbe essere davvero alle spalle.
La Lazio ritrova Castellanos (6,5)
Cinque giorni dopo il bagel rimediato dall’Inter, dover affrontare una squadra rognosa come il Lecce al Via del Mare non sarebbe mai stato semplice per la Lazio. Quando Gila si dimentica Tete Morente sull’azione del gol mentre Lazzari e Romagnoli sono messi in crisi dal pressing dei pugliesi, molti tifosi delle Aquile iniziavano a temere l’inizio di una vera e propria crisi. A sbrogliare la matassa per Baroni, invece, ci ha pensato Adam Marusic, che s’inventa una memorabile botta al volo sulla quale Falcone non può niente. L’ex tecnico salentino porta a casa tre punti mai scontati contro l’undici di Giampaolo, riuscendoci senza il contributo di gente come Isaksen, Dia e Tchaouna, che più di una volta avevano tenuto a galla la barca biancoceleste.
A fare la differenza è ancora la qualità della rosa laziale, con Pedro che s’inventa il cross del pareggio di Marusic e la coppia Guendouzi-Rovella che lotta e mette filtranti invitantissimi. Vedere poi Zaccagni e Tavares che, nonostante non siano certo al meglio, trovano comunque il modo di aiutare i compagni, specialmente in chiusura, è un’ottima notizia per Baroni. Ancora migliore, poi, è la prova del Taty Castellanos, che gioca un primo tempo da applausi a scena aperta, procurandosi e trasformando il rigore nel recupero che sembra mettere in discesa la partita. Le cose non vanno esattamente così ma è un segnale davvero positivo quello arrivato dall’argentino: con il suo aiuto, la Lazio è sicuramente più pericolosa e potrà continuare a battagliare per la vetta.
Napoli, preoccupanti blackout (6-)
Il confronto con due squadre in stato di grazia come Atalanta e Inter farebbe tremare i polsi a chiunque, anche ad uno come Conte, che di calcio ne ha masticato tantissimo. Nonostante le crepe non manchino ed il gioco dei partenopei non sia memorabile, i campani continuano a rimanere lì, a due soli punti, pronti a contendersi il ruolo di favorita per lo scudetto. Visto che all’ombra del Vesuvio una stagione tranquilla non sanno nemmeno dove sta di casa, i critici fanno notare che, vista la qualità ed i tanti soldi spesi in estate, il Napoli dovrebbe fare molto meglio. Conte indica la classifica e rimanda al mittente i mugugni ma bisognerebbe avere il coraggio di andare oltre ai risultati e discutere di come i partenopei sembrino incapaci di mettere 90 minuti convincenti.
Qual è il vero Napoli? Quello dei primi 40 minuti, che corre, sgomita e fa evaporare dal campo il Genoa o quello del secondo tempo, costretto ad appendersi alle parate di Meret per negare a Balotelli il gol del pareggio? Scorrendo i nomi dei giocatori, difficile trovare insufficienze, con Rrahmani ed Anguissa che mettono a servizio della causa fisicità, grinta e classe. Se McTominay e Politano convincono solo nel primo tempo, Lukaku è ancora a secco di gol mentre Kvaratskhelia ha pochi minuti a disposizione. Se David Neres sta crescendo e fornisce un’assist d’oro ad Anguissa, la sensazione è che il Napoli abbia avuto bisogno di parecchia fortuna per tenere il passo delle rivali. Possibile sia stanchezza ma i segnali preoccupanti continuano a moltiplicarsi.
Juve, che brutto ritorno alla vittoria (5,5)
Dopo un pessimo caso di pareggite acuta, l’unica cosa che il popolo bianconero chiedeva alla squadra era di vincere e convincere. Alla fine della gara all’ex Brianteo, verrebbe da dire che l’undici di Thiago Motta è riuscito solo a metà nella missione. I tre punti sono arrivati ma dopo una delle peggiori prestazioni della Juventus in questa stagione complicata. Il tecnico sorride dopo un mese e mezzo di digiuno in campionato ma, con la gara sul filo del rasoio fino al triplice fischio, non c’è granché da festeggiare. Una volta tanto, la Juve cresce nel secondo tempo ma, nonostante tutto, non è mai in grado di chiudere la gara. La cosa più preoccupante è che, a parte un Vlahovic con le polveri bagnate, ogni bianconero ha giocato più che discretamente, senza fare grossi errori.
Positivi i passi avanti di Savona, la concretezza sotto porta di McKennie e le giocate di Locatelli e Koopmeiners, che prima di uscire per un guaio all’adduttore era sembrato in crescita. Meno positivo il fatto che la Juve guadagni in cattiveria quando entra al suo posto Thuram e che ad approfittarne siano Conceição e Yildiz, che si svegliano nella ripresa dopo aver sbagliato tantissimo. A fare una manona al tecnico bianconero è Nico Gonzales, il quale, oltre a sacrificarsi in difesa, trova un gol di rapina che vale tanto oro quanto pesa. Eppure l’amaro in bocca per i tifosi è ancora tanto: va bene che “vincere è l’unica cosa che conta” ma farlo così, giocando da schifo, consentendo ad una squadra in crisi nera come il Monza di spaventarti non è certo un bel vedere.
Milan, un lampo che non illumina (5)
Possibile che una squadra dal pedigree importante come il Milan festeggi una vittoria al Bentegodi come se fosse una finale europea? Possibilissimo, visto che in quel di Verona il Diavolo non ha certo fatto brillare gli occhi dei propri tifosi. Con la tifoseria in rivolta ed una proprietà che aveva appena deciso di comprarsi a caro prezzo tre anni per risolvere il nodo gordiano del debito, una vittoria era fondamentale per garantire un minimo di serenità a Milanello. I tre punti sono arrivati grazie ad una mirabile giocata sull’asse Fofana-Reijnders che ha spezzato in due la solida difesa dell’Hellas. Abbastanza per vincere e rimanere virtualmente attaccato al treno dell’Europa che conta, non abbastanza per diradare la nebbia pestilenziale che circonda l’undici di Fonseca.
Esserci riuscito senza diversi pezzi da novanta ed aver pure perso Leão dopo neanche mezz’ora non è roba da tutti ma le buone notizie si contano sulle dita di una mano. Promossa la difesa, incluso l’incostante Emerson Royal ed il talentuoso Jiménez, uno dei pochissimi che ha il coraggio di provare a saltare l’uomo. Sulla mediana luci e ombre: Terracciano se la cava mentre Chukwueze è forse il peggiore in campo, titolo che si gioca con Abraham ed un irriconoscibile Theo Hernandez.
A consentire a Fonseca di mangiare il panettone sono quindi solo i protagonisti del gol, con il francese decisamente più consistente dell’umorale oranje. Il Milan, però, passeggia in campo e non sembra mai in grado d’imporre il suo gioco: almeno per ora, troppo poco per risalire la classifica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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