«La vecchiaia? È soltanto unidea, talvolta persino un po' vaga», diceva Flaubert. Unidea, in verità nemmeno tanto vaga, di cosa sia la vecchiaia di Greg Norman lhanno avuto gli spettatori che hanno seguito il British. Non riesco a parlar male di Greg. Prima di tutto perché abbiamo la stessa età, 53 anni, poi perché è stato il mio primo super eroe quando il golf era per me qualcosa di misterioso e sconosciuto. Proprio come lo è adesso. Dunque, accade oggi che tutti si sorprendano dopo la sua performance allOpen, l'Open per eccellenza. Perché? Perché stupirsi se l'uomo che dovrebbe sorprendere è lo stesso uomo che ha inanellato 91 vittorie nei più prestigiosi tornei non solo del Pga Tour, l'uomo che il British, anzi l'Open per eccellenza, lo ha già vinto nel 1986 e nel 1993, l'uomo che, ad un certo punto della sua vita ha deciso di occupare la poltrona presidenziale nel Ranking mondiale e lha lasciata solo quando si è stufato. Perché ogni tanto Greg si stufa, questo è vero. Si stufa di giocare a golf e si dedica, per esempio alle sue vigne. Da cui riesce a tirar fuori lo squisito Limestone Coast Shiraz o quellaltro gemello di nettare, che manda in visibilio i ricconi australiani, il Limestone Coast Cabernet. O come quando e lo fa spesso si dedica anima e cuore alla Cog, il più grande team mondiale di ricerca per i tumori infantili. Che è riuscita con impegno e disponibilità finanziaria di mezzi adeguati a ridurre la mortalità infantile del 78 per cento. Quando molla momentaneamente il golf, tutti credono che Greg stia per ritirarsi. Ed è a quel punto che lo «Squalo bianco» mostra la sua dentatura. Non per azzannare nel caso specifico. Ma per sorridere.
Sorridere dell'ingenuità di certi suoi detrattori. Il nickname con cui Norman è conosciuto nel mondo venne fuori dal cilindro di un reporter di provincia che rimase ammaliato dal suo talento e dalla folta chioma bianco-bionda di ragazzone australiano, che si avventurava sul tour con aria falsamente sorniona. Era il 1981. Era il Masters. E sappiamo oggi tutto ciò che è successo dopo.
Perché Greg non ha mai lasciato le cose a metà nella sua vita. E in questo sì che è un vero squalo. Quando decide di attaccare, attacca. Come quando si parte: si spegne il telefonino e si va via senza indugi. Senza salutare nessuno. Altrimenti come si fa a lasciare il segno? Ha preso sul serio anche il suo ruolo di regular quando, adolescente si buttava nella mischia del rugby e quando ha giocato al massimo delle sue possibilità nell'Australian di Queensland. Parliamo di quando era un ragazzino, certo. Ma se allora lui era così, anche adesso è così. Adesso che è, storia dell'altro ieri, arriva a Vernon, British Columbia e, nel primo giorno del Telus Skin Game, infila un eagle di diciotto piedi annientando il par cinque della buca numero 8. Risultato? Si è trovato in tasca in un battito di ciglia 97.800 dollari.
Ribadisco: perché ci si dovrebbe stupire della sua performance allOpen. Il grande squalo bianco quando attacca non sorprende. È il suo mestiere. Sorprende piuttosto quando si arrende. Davanti ad una causa di divorzio. Il suo addio, dopo 26 anni di matrimonio a Laura Andrassy gli è costato piuttosto caro, ma lui ha accettato senza tradire una smorfia. Le ha ceduto la villa immersa nell'Oceano di Jupiter island, valore di mercato 18 milioni di dollari. Le ha ceduto anche la villa di Palm Beach, altri 4 milioni di dollari. E le ha ceduto anche gli spiccioli, ovvero i cinquecentomila dollari in gingilli di gioielleria che avevano punteggiato il loro amore. Lo squalo ferito di solito si incattivisce ma lui, Greg il biondo-bianco, ha riavviato il ciuffo e la sua vita sposando un anno dopo, cioè il 28 giugno scorso, Chris Evert: lindimenticabile numero uno del tennis mondiale.
Per l'occasione the Big Shark è sbucato dalle acque delle Bahamas e le ha messo una corona di fiori sulla spiaggia più blindata dell'isola.
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