Un romanzo, quello di Michael Lavigne, che si legge dun fiato. Ben tradotto da Isabella Vaj, La prima vita di Heshel Rosenheim (Piemme, pagg.334, euro 16.90) dello scrittore di San Francisco ci travolge con una trama intrigante, intelligentemente costruita e sorprendente fino alle ultime pagine come un thriller e più esattamente come una storia di vita, improbabile eppure possibile nelluniverso paradossale, grottesco e tragico dellumanità del 900. Heinrich Mueller, di ottima famiglia berlinese, si arruola nelle Waffe-SS, per godere dei privilegi riservati ai militanti del «Corpo Nero» di Himmler. Viene spedito al Lager di Bergen-Belsen come ufficiale addetto alla contabilità del campo: contare e registrare i beni sottratti ai deportati ebrei: stilografiche doro, orologi doro, da polso, da tasca, occhiali, anelli doro con brillanti, libri, rasoi, sveglie, portasigarette, termometri, e unimmensità di piume di materassi, di abiti e biancheria e poi dopo leliminazione nelle camere a gas: sacchi di capelli, denti e otturazioni doro, e infine sacchi di ossa cremate da utilizzare come fertilizzanti. Mueller viene spostato nei vari campi proseguendo sempre con il suo sistematico e pedante lavoro di atroce contabilità senza entrare mai in contatto diretto con linferno quotidiano del Lager.
Mueller comprende, infine, l'avvicinarsi del crollo del Reich millenario, digiuna per settimane, emaciato si traveste con gli stracci di un deportato. Giunge perfino a tatuarsi un numero sul braccio per rendere più credibile la metamorfosi. E così viene trovato dalle truppe inglesi. Sinventa lidentità di un suo sottoposto ebreo, scomparso nel Lager di Majdanek, Heshel Rosenheim. Il racconto della sua vita diventa tragicamente grottesco: vive in un campo per ebrei, si ritrova in Palestina in un kibbutz, dove mette a posto la contabilità della comunità. Viene arruolato nelle Palmach, le intrepide compagnie dassalto, combatte da eroe nel maggio 1948 contro gli arabi che vorrebbero distruggere lo Stato dIsraele appena fondato. Tutto questo ci viene raccontato dai suoi diari, redatti in tedesco e tenuti nascosti per decenni, che Heshel Rosenheim, pio ebreo del tutto americanizzato, benemerito sostenitore di tutte le cause ebraiche e in generale «liberal» (dal Vietnam allAids), in punto di morte consegna al figlio Michael. Questi, un attore comico, dallesistenza sconquassata, divorziato, ma nostalgicamente innamorato della moglie e del figlioletto, è travolto da questa rivelazione, non sa darsi pace e il romanzo si duplica nella storia terribile di Mueller-Rosenheim e di suo figlio, tipico ebreo americano che rifiuta lasfissiante devozione ebraica che i genitori gli hanno imposto per tutta linfanzia.
Anzi con un gesto di ribellione, da studente aveva provocato lira dellottimo e benevolo padre, scegliendo di studiare tedesco, anche se dopo liniziale sfuriata del padre, che qualifica come nazista tale scelta del figlio, lo studio di questa lingua li unirà intimamente. Ma ora al capezzale di Heshel, Michael deve fare i conti con un problema tragico che riesce a sciogliere nelle ultime pagine del romanzo, quelle più toccanti.
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