La spada di Damocle del decreto legge è calata sul calcio italiano. E come ogni atto che cambia le regole del gioco, anche il decreto varato ieri dal Consiglio dei ministri non ha mancato di suscitare le reazioni dei giocatori in campo: per una volta non i calciatori, ma i presidenti di A e B, subito insorti contro la decisione di far disputare a porte chiuse le partite negli stadi non a norma.
In attesa dell’assemblea informale che si terrà oggi alle 15 nella sede romana della Lega Calcio tra i presidenti delle 42 squadre di serie A e B, sono molti coloro che minacciano uno «sciopero del pallone», ma monta anche la rabbia di allenatori e giocatori. A guidare la schiera dei «ribelli» il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis, con il suo direttore generale Pierpaolo Marino: «Il momento è grave, preferirei fermare i campionati - il commento del dg azzurro -. Si sta scaricando sui club un problema non nostro: la chiusura degli stadi non impedisce incidenti all’esterno».
Sulla scia di Napoli, anche gli altri presidenti spaventati dal fantasma dei mancati incassi: se Lillo Foti, presidente della Reggina, parla di «partite senza pubblico che si trasformeranno in eventi vuoti», il numero uno dell’Ascoli Roberto Benigni pone l’accento sulla sicurezza, mettendo in guardia dalle «nuove tensioni che si creeranno tra gli abbonati con la chiusura degli impianti». Anche lo stadio di Bergamo rimarrà chiuso e il presidente dell’Atalanta Ivan Ruggeri ha sottolineato come il club «non possa farsi carico anche dei problemi di ordine pubblico al di fuori dell’impianto». Duro il patron del Palermo Maurizio Zamparini, che si è detto «molto deluso da Pancalli, che ha demonizzato i presidenti», mentre il numero uno triestino Stefano Fantinel, ha definito il decreto «troppo punitivo».
Posizioni più blande da parte delle due milanesi. San Siro, infatti, è in attesa di deroga e dovrebbe rimanere chiuso al pubblico solo domenica in occasione di Milan-Livorno. Nelle prossime ore sarà comunque effettuato un altro sopralluogo. La soluzione, come ammesso dal vicepresidente rossonero Adriano Galliani, potrebbe essere «far entrare solo gli abbonati», anche perché, come ricorda il patron interista Massimo Moratti, «in realtà al Meazza non c’è alcun pericolo». Per le gare di Champions Inter e Milan potrebbero (qualora dovessero giocare a porte chiuse) «emigrare» in città con gli stadi in regola: Genova e Torino le più vicine. Già aperto dovrebbe invece essere il Sant’Elia di Cagliari (si decide oggi), almeno secondo il presidente rossoblù Cellino: «Mancano i tornelli, ma abbiamo un numero doppio di steward». Una sicurezza che non trova spazio a Firenze, dove il patron viola Diego Della Valle ha incontrato il sindaco Leonardo Domenici per parlare del «Franchi», al momento non agibile. A norma invece lo stadio di Messina, dove però il derby di sabato contro il Catania si potrebbe (si decide oggi) giocare a porte chiuse.
Intanto oggi alla riunione con i rappresentanti dell’Osservatorio del Viminale presenzierà anche il segretario di Lega Marco Brunelli, mentre domani il commissario straordinario della Figc volerà a Parigi dal neo presidente dell’Uefa Michel Platini per dare garanzie in vista dell’assegnazione di Euro 2012 e soprattutto per regolare (pubblico e orari) la partecipazione delle squadre italiane in Champions.
E mentre il presidente del Coni Gianni Petrucci ha ringraziato il governo per la tempestività di «un provvedimento inevitabile che non è un atto punitivo nei confronti dei club», gli italiani sono tutt’altro che indulgenti: secondo un sondaggio della Ipr Marketing, effettuato su mille elettori rappresentativi per sesso, età e area di residenza della popolazione italiana maggiorenne, il 54% avrebbe preferito uno stop più lungo, mentre il 20% vota addirittura per la sospensione completa del campionato. Altro che porte chiuse...
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