Stasera l’Italia di Donadoni si gioca l’Europa

Del Piero in panchina: gioca Di Michele in condizioni fisiche più brillanti

Nell’ingorgo infernale di Roma (scioperi e manifestazioni à gogo), è possibile cogliere un bivio calcistico inatteso. Riguarda la Nazionale campione del mondo e sembra quasi una bestemmia a poche settimane dal trionfo di Berlino. Di qua si torna indietro verso malinconiche eliminazioni (europeo del ’92, gestione Vicini ct) rovinose sotto l’aspetto economico e non, di là si viaggia controcorrente nella speranza di recuperare una posizione di classifica più dignitosa nel gironcino dominato dalla Francia. La realtà deprimente di queste ore è determinata dalla partenza falsa dell’Italia di Roberto Donadoni, il ct successore di Lippi, e perciò finito sotto processo senza magari aver commesso peccati mortali: il pari domestico con la Lituania (a Napoli) e la sconfitta, netta, di Parigi, fanno un totale molto modesto, di 1 punto appena in due gare. Così si rischia grosso, si rischia la vita cioè e con la mancata qualificazione rischia grosso anche l’attuale gestione tecnica suggerita e voluta da Demetrio Albertini e Guido Rossi, nel frattempo tornati a occuparsi d’altro, Telecom il secondo. Alle spalle del ct, che è una persona adorabile, resta la vecchia guardia federale, collaudata a cento battaglie: Gigi Riva e Antonello Valentini, nient’altro. Dietro il bivio ci sono due ostacoli in sequenza da saltare. Il primo stasera è costituito dall’Ucraina improvvisamente impoverita dall’assenza di Shevchenko, rimasto a Kiev a causa di un virus e febbre alta, il secondo mercoledì prossimo è sistemato a Tbilisi, contro la Georgia di capitan Kaladze che ha uno spessore tecnico molto diverso rispetto ai fratellini di Sheva. Un rivale alla volta, per ora. Ecco l’Ucraina perciò. In Germania, ad Amburgo, la Nazionale di Marcello Lippi riuscì a liquidarla al culmine di una prova decisamente fortunata: alla stoccata di Zambrotta seguirono gli affanni difensivi azzurri e i prodigi di quel gattone di Buffon, Toni in contropiede completò l’opera con un rotondo ed eccessivo 3 a 0. Ripartire da quel luccicante successo non è semplice ma nemmeno impossibile, via. Riposto nel cassetto dei bei ricordi il precedente, è il caso di accendere i riflettori sull’ultima Italia che riacquista i suoi più importanti protagonisti, a eccezione di Totti, stasera arrivato in ritiro a cenare con i suoi sodali. Si rivedono in molti, a cominciare da Toni e da Camoranesi: saldano il passato col presente e tentano in qualche modo di tenere per mano una delle rare scommesse di Donadoni, quel Di Michele del Palermo preferito a Del Piero per questioni legate alla brillantezza del momento oltre che alla condizione fisica. In difesa si rivede, dopo una vita, Alessandro Nesta: smentite seccamente le voci di un diverbio improbabile col ct, ingiustificate le previsioni di un suo accantonamento per favorire il recupero di Materazzi. Le gerarchie non possono essere sconvolte. Non solo. Fra quattro giorni c’è da affrontare la Georgia: e immaginare per l’occasione un robusto turn-over non è così azzardato. All’Italia di Donadoni serve allora un bel successo. Magari impreziosito da una prova confortante nel solco di un miglioramento complessivo delle quotazioni del calcio italiano. I tre punti sono fondamentali. E a questo scopo punta Donadoni che non passa certo per un sognatore e neanche per uno alla Capello, pochissimi fronzoli e tutta sostanza. Il centrocampo è quello tipo, il migliore possibile, avvitato da Gattuso, Pirlo e De Rossi: basta e avanza per proteggere la difesa a sufficienza e per garantire i rifornimenti in attacco a Toni. L’assenza di Cassano, il numero 10 affidato a Pirlo e qualche altra trovata garantiscono sull’accoglienza festosa dell’Olimpico: con Oddo è salva anche la rappresentanza laziale. Non ci sono scuse, allora.

E neanche discussioni di sorta sulle scelte del ct che si muove dentro il recinto della logica e della ragione. Per forzare il blocco dei gialli di Kiev non c’è bisogno di una grande impresa. Basta una Nazionale decente per riprendere a tessere il filo dell’Europa.

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