Steiner, il grafico che cercava la sostanza per dare la forma

Una vena innovativa e al tempo stesso funzionale ha contrassegnato uno dei più grandi grafici del Novecento, Albe Steiner consacrato in ben 42 mostre dal 1974, anno della sua morte. La Triennale ha voluto ricordarlo con un dibattito e la presentazione di un libro scritto dalla figlia Anna (ricercatrice della Facoltà del Politecnico), edito da Corraini Arte Contemporanea, nata dall’unione di Albe con Lica a città del Messico. In tempi di «non specializzazione» Steiner con la sua straordinaria inventiva per la Triennale stessa, per case editrici, farmaceutiche, partiti politici, negozi e grandi magazzini ha progettato mobili, segnaletiche, cartelloni, ambienti, spazi espositivi, testate come il Politecnico, Fotografia, e poi ancora tutta la grafica per aziende come Olivetti, il giornale Oggi, l’Unità, Utopia, La Rinascente, per il cinema nonché per la segnaletica pubblica. «In ognuno di questi lavori ha applicato la sua filosofia personale destinata a fare storia per dare forma ideale a qualsiasi oggetto sempre convinto che prima occorreva studiarne il significato profondo», ha spiegato Beppe Finetti, critico di design della rivista Abitare. Completano il volume (280 illustrazioni, pagine 168, Euro 19), le didascalie della figlia Anna e le preziose note della moglie Lica che ha lavorato con Steiner, personaggio fondamentale per trasmettere al marito entusiasmo e passione. L’architetto Marco Albini ricorda piacevoli ma faticose gite in montagna con la sua famiglia, suo padre Franco (di cui è in corso una mostra alla Triennale) e la moglie Carla: «Salivamo in auto con mio padre, Albe, Lica, le loro figlie e Marco Zanuso tutti già vestiti da sci. Sveglia all’alba e rientro a sera tarda. Da Zermatt a Cervinia dove qualche volta se ci andava bene ci fermavamo al rifugio Pirovano. Era un uomo di grande simpatia con una genialità innata». La famiglia di Albe Steiner è riuscita a riordinare l’intero archivio riconosciuto dal 1998 di notevole interesse dalla Sovrintendenza e donato nel 2003 al Politecnico di Milano, rendendolo accessibile a tutti. «Abbiamo in particolare curato la grafica dei manifesti, di pieghevoli e cataloghi, un lavoro da veri certosini», ha detto Anna Steiner che ha voluto pensare «A commenti in rosso» prendendo spunto di una A fatta a compasso come l’aveva disegnata suo padre. Nella sua introduzione al volume spiega l’impegno di suo padre in anni di non retorica, di vero lavoro concettuale e di grande umiltà di molte professioni. «Le persone scompaiono, le cose fatte restano - diceva suo padre - il grafico di fronte al pubblico ha una grande responsabilità, può influire negativamente sullo sviluppo culturale della gente». «Oggi - aggiunge la figlia - che i professionisti, le scuole e le università della comunicazione fioriscono, tendono a progettare per stupire e fare notizia indipendentemente dai contenuti. Mi piacerebbe che questo libro mostrasse l’insegnamento di Albe che sosteneva che progettare la comunicazione significa svelarne la sostanza, cercare con rigore il valore e il senso del contenuto, fino a far scaturire una forma tanto più incisiva quanto più coerente al significato, senza decorazioni inutili».
Come diceva Italo Calvino «il segreto di Albe era nella contentezza che metteva nel suo lavoro, divertendosi come se giocasse...

una della fondamentali idee estetiche del nostro secolo, che la forma delle cose che ci circondano che serve per comunicare esprima qualcosa, una mentalità, un’intenzione, cioè il senso che si vuol dare alla società nell’era della civiltà industriale».

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