Steve Wynn, concerto solitario al Jail

Il leader dei leggendari Dream Syndacate presenta il suo nuovo album e ricorda gli anni Ottanta: «Era tutto più difficile, si lavorava solo per la gloria»

Steve Wynn, concerto solitario al Jail

Luca Testoni

Non sempre il successo commerciale e la popolarità vanno a premiare il lavoro dei musicisti migliori. Non c’è dubbio, per esempio, che il rock californiano dei primi anni Ottanta sia stato fondamentale nel riaffermare l’importanza di scrivere e suonare buone canzoni melodiche con energia e attitudine underground. Eppure, i pionieri di quel “suono” in salsa neo-psichedelica, dai Thin White Rope ai Rain Parade, dai Green On Red ai Dream Syndicate, non ci sono più. Sono solo nomi, sebbene parte integrante della storia del rock americano.
Per fortuna, alcuni coraggiosi e indomiti non demordono. Vedi Steve Wynn, autore, cantante, chitarrista e leader dei leggendari Dream Syndicate, questa sera in concerto solitario al Jail di via Pietro Micca 78 a Legnano (ore 21.30, ingresso 12 euro).
A giustificare lo show acustico del musicista di Los Angeles, classe 1960, l’uscita del decimo disco solista ...tick ...tick ...tick, inciso ancora una volta assieme ai fedelissimi musicisti dei Miracle 3, ovvero Jason Victor (chitarra), Dave DeCastro (basso) e Linda Pitmon (batteria).
Nonostante Melting In The Dark (1996) rimanga il disco capolavoro prodotto dallo Steve Wynn solista, quello che ricorda più da vicino le atmosfere roventi di The Days Of Wine And Roses, l’album simbolo della produzione dei Dream Syndicate, l’ultima fatica ci fa riflettere ancora una volta sulla sua capacità di rinnovarsi e cambiare in equilibrio tra rock, cantautorato e psichedelia.
Ne sono precisa testimonianza Cindy, It Was Always You, con l’armonica e un irresistibile andamento sognante; la crepuscolare Freak Star; e la scatenata Wild Mercury, con inserti rock acidi e pungenti in puro stile Yarbirds.
Va da sé che il concerto del rocker si trasforma inevitabilmente in una carrellata di piccoli classici: da quelli dell’era Dream Syndicate (The Medicine Show, “Halloween” e The Days Of Wine And Roses) ai più recenti episodi solisti (California Style e What Comes After), in cui il rock viscerale di Wynn è andato progressivamente sporcandosi della polvere del deserto dell’Arizona.
Un ricordo del californiano della stagione anni Ottanta? «Era tutto più difficile: dominavano i sintetizzatori, i produttori pompavano il suono e le chitarre erano fuori moda. Fare la nostra musica in quel periodo significava partire dal presupposto che non avresti venduto neanche un disco - ha dichiarato -.

Nel periodo in cui tutti parlavano dei Dream Syndicate e il nostro nome era su tutte le riviste, “Rolling Stone” compresa, suonavamo spesso di fronte a poche decine di persone. Non succedeva la stessa cosa in Europa, per fortuna, ma passavamo dal suonare in club pieni zeppi a New York o Londra a dieci persone in un locale di Memphis...».

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