«La storia dei disastri è la storia di uno zoo mal gestito pieno di rinoceronti grigi, cigni neri e re dragoni, nonché di moltissimi eventi sfortunati ma privi di conseguenze e di un'infinità di eventi del tutto insignificanti o nemmeno verificatisi». Parole dello storico di Harvard (ma insegna anche a Oxford e a Stanford) Niall Ferguson che nel suo nuovo saggio prende in esame la maggior parte delle catastrofi che hanno colpito il genere umano. Conscio del fatto che uno storico alla fine in qualche modo parla sempre del presente e memore di un vecchio motto latino citato da Cicerone, ovvero historia magistra vitae, Ferguson ha ripercorso i secoli per vergare Catastrofi (Mondadori, pagg. 506, euro 35) il cui sottotitolo recita «Lezioni di storia per l'Occidente».
Come molti di noi ha preso atto di come una pandemia in un certo senso annunciata abbia colto alla sprovvista i governi e le popolazioni: «A quanto pare mai, nel nostro tempo, vi è stata maggiore incertezza sul futuro e maggiore ignoranza del passato. All'inizio del 2020 ben pochi hanno saputo comprendere il significato delle notizie che giungevano da Wuhan a proposito di un nuovo Coronavirus».
Ed ecco che si torna agli strani animali citati all'inizio di questo articolo. Ferguson nei primi capitoli fornisce al lettore i capisaldi della cliodinamica ovvero la scienza che cerca di prevedere i cicli della storia collegandoli proprio ad eventi climatici o socioeconomici. La correlazione ovviamente esiste ma non c'è legge che tenga e consenta previsioni esatte. Studiosi come Jared Diamond hanno dimostrato che il collasso delle civiltà spesso è rapido e che ci sono dei meccanismi tipici che, purtroppo, tendono ad offuscare la mente di chi ne è coinvolto. Esiste poi un variegato «serraglio della catastrofe». Il matematico Nassim Taleb dimostra che gli esseri umani non sono quasi mai pronti ad affrontare i «cigni neri». Ovvero eventi che sulla base della nostra limitata esperienza ci sembrino improbabili. Questi cigni neri, quando sono catastrofici, come lo tsunami del 2004 nell'Oceano Indiano, si abbattono su vittime ignare. Se la loro entità è tale da mettere a rischio un'intera civiltà c'è chi, sulla scia del fisico francese Didier Sornette li definisce «Re Dragone». Delle sorte di apocalissi. Invece lo scrittore americano Michele Wucker ci mette in guardia dai così detti «Rinoceronti grigi». Ovvero eventi che chiaramente tutti dovrebbero intendere come pericolosi e invece... vengono ignorati. Col senno del poi la Prima guerra mondiale e il Covid-19 dovrebbero ad esempio essere catastrofi di questo tipo (nella speranza che il Covid non evolva in Re Dragone).
E a questo punto Ferguson compie una lunghissima disamina di disastri di tutti i tipi, dalla distruzione di Pompei sino alle crisi economiche seguite alla Prima guerra mondiale passando per i disastri militari di Napoleone e all'autodistruzione (se davvero lo fu) della popolazione indigena dell'Isola di Pasqua. Largo spazio è dato ovviamente alle pandemie, dalla peste alla spagnola. Anche perché alla fine, tolta la peste nera spesso nei libri di storia, almeno nei manuali compaiono poco.
Anche questa una lezione per l'oggi. C'è chi ha scritto che «La pandemia del 1918... non ebbe molta influenza sui cambiamenti politici e sociali già apportati dalla guerra». Ferguson dimostra quanto sia falso e ci fa capire quanto sia alto il rischio che anche oggi si possa cercare di mettere il problema sotto il tappeto. Tanto per dire, probabilmente il presidente Woodrow Wilson capitolò su punti importanti del trattato di pace di Versailles perché gravemente debilitato dalla malattia.
Ma non solo rimozione, anche un senso di superiorità decisamente fuori luogo ci accompagna nel guardare il passato. Uno dei moniti del libro è proprio questo, poiché facilmente studiando i disastri del passato ci si sente di dire: «Ma come hanno fatto a fare cose così stupide?». Chi riempirebbe un dirigibile come l'Hindenburg (che compare sulla copertina del libro) con idrogeno infiammabile al posto che con elio? Eppure sino all'incidente, che fece tramontare per sempre il volo con mezzi più leggeri dell'aria, gli Zeppelin avevano percorso migliaia e migliaia di chilometri senza incidenti. Il rinoceronte grigio sembrava anche in quel caso un cigno nero.
Facendo tutti i dovuti paragoni sia col Covid sia con il montante scontro con la Cina non sembriamo particolarmente più avveduti dei nostri antenati. Anzi. L'illusione di contenere la pandemia attraverso il blocco della città di Wuhan o con il controllo dei voli provenienti dalla Cina risulta imperdonabilmente ingenua. Per dirla con le parole di Ferguson: «La storia della mutevole esposizione dell'umanità alle malattie infettive tende a essere scritta come una storia degli agenti patogeni... Si potrebbe altrettanto bene raccontare questa storia come la storia delle nostre reti sociali in costante evoluzione». Ogni episodio di crescita esponenziale dei contatti umani è causa di crisi sanitarie molto di più di quanto lo sia la semplice evoluzione dei virus. E questo era un dato che non sarebbe dovuto sfuggire a nessun governo. Dal 1817 al 1923 nel mondo vi furono ben sei epidemie di colera. Bastò la rete di commerci dell'epoca vittoriana per far partire il virus da Calcutta, nel 1829 e farlo arrivare negli Stati Uniti. Se l'erano cavata meglio i veneziani, che dal 1377 avevano iniziato ad utilizzare la quarantena. Non particolarmente brillante la reazione anche di fronte al vaccino. Nel Settecento e nell'Ottocento ci volle del bello e del buono a convincere le persone ad utilizzare la allora rivoluzionaria variolizzazione prima e la vera e propria vaccinazione poi. Tra i primi a inocularsi Maria Teresa d'Austria con figli e nipoti, Luigi XVII, Caterina II di Russia e Federico II di Prussia. Ma le resistenze in alcune zone del mondo e tra alcuni strati della popolazione furono violentissime. Stessa cosa per i tentativi di utilizzare sistematicamente la quarantena contro il tifo e il colera. Vedendo la situazione attuale anche in questo caso, nonostante una educazione scientifica che dovrebbe essere una colonna del nostro sistema scolastico, è cambiato davvero poco.
Insomma, i comportamenti umani sono cambiati poco ma «a ogni progresso nelle tecnologie, a quanto pare, cresce la scala potenziale dei singoli disastri». Per carità, in generale la società migliora, Ferguson prova, dati alla mano, che il numero di disastri e incidenti in quasi tutti i settori tende proporzionalmente a scendere. Però errori attivi e latenti nella gestione delle crisi sono sempre in agguato e le loro conseguenze accresciute. E spesso le conseguenze non le si vuole vedere e in questo caso Ferguson mette il dito negli incidenti sugli Shuttle, incidenti che dimostrano che anche un personale, come quello della Nasa, ad alta preparazione scientifica può cedere alle pressioni politiche o alla tentazione di indorare la pillola.
Tanto che alla fine Ferguson conclude che: «La storia ci insegna che non dobbiamo attenderci i grandi segni premonitori del disastro in un ordine prevedibile.
I quattro cavalieri dell'apocalisse escono al galoppo a intervalli apparentemente casuali per ricordarci che nessuna innovazione tecnologica può renderci invulnerabili». Dovrebbe restarci però almeno la capacità di essere più antifragili, come direbbe Nassim Taleb, che il passato può regalarci.
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