Storici dell’arte divisi sugli affreschi recuperati

Torna alla luce nell’abside della chiesa romanica un ciclo di dipinti attribuito a Federico Zuccari

Scoperto quasi per caso nell’abside di S. Giovanni a Porta Latina un ciclo di affreschi di altissima qualità e perfettamente conservato. Di Federico Zuccari, di un allievo di Pietro da Cortona? Del ’500, del ’600? Ricoperti nel ’40 da Federico Hermanin e Emilio Lavagnino per proteggerli dal pericolo dei bombardamenti? Quel Lavagnino che con un camioncino raccolse le opere più importanti di Roma e del Lazio, i Caravaggio di San Luigi dei Francesi e di Santa Maria del Popolo, l’Amor sacro e l’amor profano di Tiziano, e le ricoverò prima a Palazzo Venezia e poi in Vaticano. Alia Englen, autore dei saggi sul ciclo di affreschi, che cura i restauri dei dipinti medievali della chiesa e lavora a un grande progetto su tutto il tratto urbano di via Latina, è di un’altra idea. Secondo lui, erano noti e alla fine degli anni ’30 vennero coperti per riportare la chiesa a un aspetto basilicale antico, all’originale purezza medievale. Non si tratta dunque di una scoperta, ma di una riscoperta. Quale che sia la versione, la cosa non stupisce più di tanto la soprintendente per il Lazio, Rossella Vodret, che dice: «A Roma c’è una tale stratificazione d’interventi che basta una superficie scialbata per pensare che sotto ci sia qualcosa. Ognuno di noi gira con un bisturi...». All’inizio, gli affreschi sono stati attribuiti a Federico Zuccari, che risulta aver dipinto nella chiesa. Lo stesso che ha decorato il Casino di Pio IV in Vaticano e fratello del famoso Taddeo, artista di un manierismo all’ennesima potenza, con cui lavorò a Palazzo Farnese e a Caprarola. Ma proseguendo i lavori, un più attento esame ha fatto escludere questa ipotesi. E si è parlato di affreschi seicenteschi su S.

Giovanni Evangelista, di un importante allievo di Pietro da Cortona, forse quel Lazzaro Baldi attivo nel vicino S. Giovanni in Oleo. «Si stanno studiando», assicura la Vodret, che si augura di presentarli al pubblico nell’arco di un mese.

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