Autoironia e sagacia: così gli atleti paralimpici zittiscono i paladini del politicamente corretto

Ridere della cecità, della mancanza di gambe e della disabilità in generale: così gli atleti delle Paralimpiadi vogliono essere trattati come tutti: "Non scherzare su di noi? Cosa primitva"

Autoironia e sagacia: così gli atleti paralimpici zittiscono i paladini del politicamente corretto
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La stagione olimpica 2024 è terminata ufficialmente con la fine delle Paralimpiadi, che hanno portato all'Italia ben 71 medaglie. Un numero enorme di premi ottenuti dalla squadra paralimpica, anche se è un altro l'aspetto rivoluzionario di questa edizione dei Giochi. Da anni si sta facendo un gran lavoro per avvicinare il pubblico alle discipline degli sport per disabili, per renderle attraenti e per ridurre il gap con gli sport per "normodotati". E quest'anno si è scoperto che la chiave per il successo è solo una: dar la parola agli stessi paratleti, esporli, e lasciare che si mostrino. Una rottura con il passato che si è dimostrata vincente rispetto perché si è accantonata la narrazione pietistica in favore dell'autoironia sulla disabilità.

Il politicamente corretto nel corso degli anni è stato assoluto protagonista, i buonisti l'hanno fatta da padrona con una serie di acrobazie linguistiche e comportamentali a tutela dei disabili, tenuti in campane di vetro e applauditi con quel fastidioso pietismo peloso che non faceva altro che accentuare le differenze. Per gli atleti non c'era visibilità, perché mostrarli significava mettere in evidenza la loro diversità e la narrazione imponeva di considerarli "normali". Una pietas forzata e dannosa che è stata spazzata via completamente dallo spirito di questi sportivi, che davanti alle telecamere si sono mossi con assoluta disinvoltura, che non hanno avuto alcuna remora a mostrarsi così come sono, che con la loro autoironia hanno portato il pubblico a ridere con loro e non di loro. E guai a chiamarli "superuomini", a cercare per loro una narrazione strappalacrime: vogliono essere considerati atleti come gli altri. Che si allenano, che lavorano duro e che sbagliano, come ogni altro atleta.

Ecco dove è nato il vero successo delle Paralimpiadi, alle quali ha contribuito anche il profilo social della manifestazione, gestito da ex atleti paralimpici, che hanno voluto mostrare tutto della manifestazione, anche gli evidenti momenti di difficoltà che prima erano censurati. "Il paratriathlon è nuoto, bici e pianoforte in aria", si legge nel post dedicato dal profilo delle Paralimpiadi a Brad Snyder, cieco, e al momento in cui, nel passaggio dal nuoto al ciclismo, mentre la guida era distratta, è andato a tentoni a cercare la bicicletta, non trovandola. E poi l'italiano Simone Barlaam, che ha condiviso il profilo delle "tre gambette", creato con gli altri atleti Federico Morlacchi e Alberto Amodeo: "Gambetta, Gambina e Tettarella. Tre nuotatori, tante medaglie ma molta più ignoranza".

E poi Bebe Vio, che prima di partire ha registrato un video per mostrare il kit che il Cio ha dato a ogni atleta per partecipare alle sue gare, che comprende anche i calzini. "Questi vanno dritti a mia sorella", ha detto ridendo della propria disabilità e innescando un meccanismo di empatia. Per non parlare di Assunta Legnante, regina dell'atletica e non vedente: "Voglio andare a Los Angeles 2028 perché non ho mai visto l'America. Non la vedrò nemmeno stavolta però voglio andarci". E poi Rigivan Ganeshamoorthy, che dell'atmosfera paralimpica di Parigi non ha esitato a dire: "Un po’ troppi disabili forse".

Ma è dalle sue parole, affidate anche a Fanpage, che emerge la volontà di questi atleti di allontanare la tossicità del politicamente corretto: "Io scherzo sempre sulla mia condizione con i miei amici e la mia famiglia, il fatto che non si possa scherzare con noi e su di noi disabili è una cosa primitiva, una fissazione dei normodotati. Noi preferiamo di gran lunga essere trattati come tutti".

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