«Il successo? Sulla nostra tavola non c'è solo cibo»

«Maledetti gli osti! Più ne conosco, peggio li trovo» dice Renzo Tramaglino, mai fortunato nelle sue soste durante I Promessi Sposi. Avrebbe cambiato idea se Vittorio Fusari che ha il physique du role perfetto per la parte ed è pure lombardo di Iseo fosse nato nel XVII secolo e non nel 1953. Fusari, ex-capostazione, aprì nell'81 la prima osteria d'autore: Il Volto, dove si giocava a carte nella sala principale e si faceva cucina gourmet in quella piccola, stappando vini clamorosi. Passato a Le Maschere arrivò alla stella Michelin '90, valore che Fusari si portò al rinnovato Il Volto dal '97 al 2007. Oggi è lo chef del Pont de Fer, sul Naviglio milanese.

Vittorio, in italia l'osteria è intramontabile. Perché?

«È sinonimo di ospitalità, va oltre il cibo. L'osteria ha due vantaggi: porta un messaggio storico nei piatti, anche se rivisitati, e l' ambiente informale. Nel tempo, ha acquisito un altro valore che è la versatilità, all'opposto del ristorante: si può andare per leggere il giornale, farsi un bicchiere, mangiare un panino, persino acquistare prodotti. Un punto d'incontro, anche fuori dagli orari classici: quanto ho fatto ad Adro con la Dispensa Pani & Vini, sino al 2015».

Prima l'Iseo, poi la Franciacorta e ora Milano. Cosa cambia?

«La Dispensa ha sintetizzato le esperienze precedenti. Il Pont de Fer mi richiama Il Volto nella seconda versione, quando proponevo una tradizione meno tradizionale, come richiede una grande città. Il Naviglio non è il fuoriporta, quindi oltre alla qualità del piatto ci vuole un po' di forma. La mia sfida è proporre il buono, che emoziona, magari con materie prime poco note».

A proposito, lei dice sempre che l'oste deve aiutare i produttori.

«Esatto, l'osteria deve essere anche uno showroom del territorio. Attraverso un buon piatto, diamo la possibilità di far conoscere il lavoro straordinario di tanti artigiani del cibo e del vino che non possono fare marketing».

Come si capisce, senza entrare, se un'osteria merita la visita?

«La cucina a vista è un buon segnale e pure l'arredo conta, bisogna diffidare del vecchiume come del vintage finto.

Poi, il menu non deve essere troppo ampio ma all'insegna della totale stagionalità. Ma soprattutto è una questione di profumi, sempre che escano dal locale: se sono buoni, intensi si può stare tranquilli e sedersi».

m.b.

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