Sui campi rom il gioco dei 4 cantoni

Il Campidoglio fa il gioco dei «quattro cantoni» con i rom. Li sposta da una parte all’altra della città e se li ritrova sempre in mezzo. I nomadi, infatti, fanno buon viso a cattivo gioco e si spostano da un accampamento appena demolito verso un altro.
Il trionfalismo del Comune, che ieri ha snocciolato i dati sugli sgomberi effettuati tra gennaio e novembre, parlando di 995 manufatti abusivi abbattuti negli ultimi nove mesi con l’intervento di Ardis e Ama tra Tevere e Aniene e di seimila persone spostate tra gennaio e novembre, alla luce dei fatti fa sorridere. Perché solamente in 900 hanno accettato di essere ospitati nel centro di accoglienza del Comune. Gli altri? Nella migliore delle ipotesi sono tornati nel loro paese. Ma questo è tutto da verificare. È più probabile, infatti, che siano «migrati» molto più vicino, in un altro accampamento all’ombra del Cupolone.
Insomma non è stata trovata alcuna sistemazione alternativa e il problema resta, nonostante l’entusiasmo del sindaco Walter Veltroni, che alla presenza degli assessori comunale e regionale alla Sicurezza, Jean Leonard Touadi e Daniele Fichera, del questore Marcello Fulvi, del vicecapo di gabinetto Luca Odevaine e dei rappresentanti delle forze dell’ordine ieri ha elencato le operazioni di maggior rilievo. L’ultima ieri, poco dopo le 9, quando le ruspe sono entrate in azione nel campo di ponte Salario, cancellando 40 baracche e identificando otto persone.
Nel 2007 il Campidoglio ha ordinato 35 interventi, tra i quali lo sgombero dell’insediamento abusivo sulle rive dell’Aniene in zona Batteria Nomentana-Ponte Mammolo, dell’accampamento in via dell’Imbarco, la chiusura dei campi rom Luigi Nono, Tor Pagnotta e Villa Troili, e la riqualificazione con ricollocazione abitativa per le strutture del Laurentino 38 e del Residence Roma. Ad ottobre, poi, è stato aperto il centro di accoglienza per rifugiati politici a via Boccea. Ma a ridimensionare la portata di questi successi ci pensa involontariamente il vicecapo di gabinetto del sindaco. «Delle 6mila persone spostate - ha spiegato Odevaine - circa 900 hanno accettato di essere ospitate nel centro di accoglienza del Comune. Le altre o sono tornate in patria, e sono la parte più rilevante, o si sono trasferite in altri insediamenti, che poi andremo a sgomberare». Insomma, tutto da rifare, nonostante l’impegno della Questura, che a partire da settembre ha messo su una task-force di 75 elementi, specializzata in queste operazioni.
«L’obiettivo è quello di bonificare tutti i campi nomadi del territorio entro aprile-maggio del 2008 - ha annunciato il questore Marcello Fulvi -. La pianificazione è partita dalla parte bassa del Tevere, è risalita all’Aniene e a giorni arriverà a Ponte Mammolo. Registriamo che i pullman in arrivo e in partenza da e per la Romania danno un saldo negativo. Vale a dire che sono partite più persone di quante ne sono arrivate».
Ma dove sono finite tutte le altre «anime» rimaste nella capitale? È quello che si domandano i rappresentanti del centrodestra. «Da quanto annunciato da Veltroni - dichiarano i consiglieri comunali di An Federico Guidi e Luca Malcotti - una parte sarebbe tornata a casa. Ma numericamente quanti davvero hanno deciso per il rimpatrio?».
Critico anche Marco Pomarici, consigliere comunale di Forza Italia. «Sostenere che i nomadi sono stati spostati non ci pare una risposta all’emergenza - sottolinea -. Sarebbe come dire che la malattia si è spostata dal braccio alla gamba.

Basterebbe mettere in atto le direttive europee per voltare pagina e costruire un nuovo percorso per tutti coloro che stanno per affacciarsi nel nostro paese senza averne la titolarità, con il risultato di “bonificare” all’origine i flussi d’ingresso, a vantaggio della sicurezza di tutti».

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