da Roma
Nei 12 punti del programma che oggi Romano Prodi illustrerà in Senato i Dico non ci sono. Ma mentre lima il suo discorso il premier chiama a Palazzo Chigi il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, per parlare proprio del nodo delle coppie di fatto, che divide il centrosinistra e fa dire ai teodem, come Paola Binetti aveva spiegato al Giornale nell’intervista pubblicata ieri, che i cattolici dell’Ulivo affosseranno il ddl a Palazzo Madama. Il Professore parla al telefono anche con il ministro per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini, che è a Milano per un convegno.
La sua parte la fa anche il vicepremier Francesco Rutelli. Il leader della Margherita zittisce senza tanti complimenti la Binetti e gli altri teodem. Non cita nessuno, ma il riferimento è chiaro quando raccomanda all’esecutivo dielle di «non tirare la giacca da una parte o dall'altra, perché la crisi è ancora in atto» e raccomanda «prudenza». Tanto che lasciando la riunione, la stessa Binetti scherza: «Volete sapere se Rutelli mi ha detto di stare zitta? Sì, tanto è vero che ora non parlo». Una bacchettata anche per il sottosegretario ulivista Luigi Bobba, che prepara la manifestazione del Family-day. «È normale - minimizza lui - l'invito alla prudenza, visto che la fiducia deve essere ancora votata».
Fa eco a Rutelli il leader verde Alfonso Pecoraro Scanio: «Sarebbe opportuno che tutti parlassero meno».
La Pollastrini assicura che il governo non intende «assolutamente giocare la carta del rinvio»: entro 15 giorni la legge sui Dico sarà discussa in commissione Giustizia al Senato. Se nel dodecalogo i Dico non figurano è solo perché il governo ha finito il suo lavoro e ora la palla passa al Parlamento. Per il ministro «è una posizione tutto sommato cinica della politica» quella dei senatori che eventualmente condizionassero il proprio voto di fiducia al governo Prodi all'assenza dei Dico. Su un tema che riguarda i diritti civili non si possono «misurare le maggioranze di governo», avverte la capogruppo dei senatori dell'Ulivo, Anna Finocchiaro. Mentre l’Udeur ribadisce il suo no ai Dico, nell’Unione molti sospettano che si giochi sull’equivoco, per far naufragare senza clamore il ddl. È preoccupato per un governo spostato al centro il Ds Gavino Angius, colpito dal fatto che un tema «rilevante» come i Dico non sia tra i 12 punti di Prodi. Nella Rosa nel pugno, il socialista Enrico Boselli ricorda al premier le sue assicurazioni da «uomo d’onore». E il segretario di Prc Franco Giordano, avverte: «I Dico sono iscritti al dibattito parlamentare e noi ci impegneremo con tutti coloro che hanno proposto diritti civili a determinare per questa via la piena laicità dello Stato».
Dal centrodestra continuano gli inviti ai senatori cattolici dell’Unione a essere coerenti con il diktat della Chiesa e si promette battaglia per non far passare il ddl. Anche se la Bindi sostiene che la crisi di governo «non è stata scatenata dalla legge sui Dico, ma dai dissensi sulla base di Vicenza e sull'Afghanistan», la questione rimane una delle più pericolose per l’esecutivo. È vero che i Dico non ci sono nei 12 punti, fa notare il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, ma il ministro Pollastrini e il leader Ds Fassino hanno rassicurato la sinistra che il ddl procederà a ritmo spedito. Prodi in Senato, avverte l’azzurro Renato Schifani, dovrà fare chiarezza sui Dico, oltre che su Tav e pensioni. Al suo governo si potrebbe affibbiare un motto: «Qui lo Dico e qui lo nego», scherza l’azzurro Osvaldo Napoli.
Il leader Udc Pier Ferdinando Casini è sicuro: «Il ddl sui Dico verrà bocciato al Senato, perché non hanno la maggioranza. Del resto, non potranno non provarci a farli approvare perché, come dice Pollastrini smentendo i 12 punti di Prodi, sono una priorità del governo».
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