Sviluppo e competitvità: ecco perché il Nord ha scelto ancora il Polo

Stefano Filippi

Se il centrodestra voleva un terremoto, ha ottenuto l'opposto, un risultato che pure non è da buttare: non ha dato la spallata al governo Prodi, ma al Nord la Casa delle libertà si è consolidata. In Lombardia, oltre a Milano con un ex ministro candidato e l'ex premier capolista, si è votato in altre quattro città (Varese, Lecco, Pavia, Mantova) e soltanto quest'ultima è andata al centrosinistra. In Veneto la Cdl ha mantenuto la provincia di Treviso mentre a Rovigo e Belluno andrà al ballottaggio in testa. Caso curioso, quello della terra di Papa Luciani e Dino Buzzati, dove si fronteggiano il diessino Ermanno De Col (40,5 per cento) e l'ex presidente degli industriali Celeste Bortoluzzi (45,5 senza Udc): con il 6,3 dei centristi, Bortoluzzi sarebbe passato al primo turno.
Era una tornata elettorale a rischio per la Cdl: alto astensionismo, effetto-Berlusconi limitato a Milano, candidati non azzeccati ovunque, qualche strappo interno. Eppure il Nord ha confermato la tendenza del 9 e 10 aprile: lasciando da parte Torino (sindaco capace e popolare in una città che sta riemergendo da una crisi quasi fatale), il consenso del centrodestra non è stato intaccato nelle regioni più produttive, più innovative, più sensibili alla concorrenza internazionale. «La questione settentrionale non era l'invenzione di un momento», ha scritto ieri Stefano Folli sul Sole 24Ore. «Là dove osano gli imprenditori del Nordest - spiega Luigi Bacialli, direttore del Gazzettino -, là dove si lavora e si chiede di poter lavorare liberamente come in tutte le economie di mercato, prevale la linea del “fare” propugnata non dai fighetta dell'imprenditoria ma dai capitani d'industria poco azzimati e molto ruspanti che non si perdono in ciance e non frequentano salotti, ma vanno subito al sodo in nome del profitto e degli affari».
«In Veneto abbiamo vinto e in qualche caso stravinto, con buona pace di chi non ci ama: i voti per la Cdl sono quasi il 50 per cento nei comuni superiori ai 15mila abitanti», esulta Giancarlo Galan, senatore e governatore. Sull'altra sponda, il segretario lombardo dei Ds Luciano Pizzetti suona ancora la sveglia a Prodi: «Il lombardo-veneto è uno specifico di vitale rilevanza con cui occorre misurarsi in via prioritaria».
Ettore Riello, numero uno della Riello Bruciatori di Legnago, interpreta il voto sull'onda della tradizione: «Il Veneto è sempre stato moderato, oggi però sente forte la battaglia per la competizione e prova fastidio quando un governo vuole risolvere con la bacchetta magica rigidità stratificate. Siamo su un transatlantico con inerzie enormi. Al governo noi diciamo: scegliete quattro o cinque temi (infrastrutture, energia, scuola, sanità, politica industriale) e trovate un accordo bipartisan che dia stabilità e sviluppo».
Luca di Montezemolo identifica la questione settentrionale nelle infrastrutture: «Un imprenditore milanese diretto a Venezia se trova un incidente in autostrada rischia di metterci più tempo che se dovesse volare a New York». Maurizio Romiti, manager che a lungo ha operato al Nord e ora guida una merchant bank per lo sviluppo del Meridione, lo conferma: «I ritardi provocati da strade e ferrovie intasate sono molto più gravi a Settentrione. Il Mezzogiorno si difende in settori come il turismo, l'agroalimentare, le produzioni tradizionali; il Nord, che è la porta del Sud, si misura con la competizione europea e mondiale e deve inserirsi nelle grandi direttrici commerciali. Questa spaccatura complica il già difficile compito del governo. Lo giudicheremo nel suo insieme, per ora certe dichiarazioni su fisco, società e mercato hanno spaventato e non rassicurato gli imprenditori più aperti. Sono preoccupato quando sento parlare di tasse nuove o vecchie da reintrodurre».
Esce dalla logica geografica il sociologo Aldo Bonomi: «Fummo De Rita e il sottoscritto a inventare la questione settentrionale negli Anni 90. Gli anni della Lega, della crisi della politica. Oggi la situazione è diversa, le partite Iva non parlano più di secessione da Roma ladrona ma di infrastrutture, export, competitività. Succede in Veneto e Lombardia, ma anche in certe zone dell'Emilia, del Lazio, della Puglia.

Il problema è che il centrosinistra ha un linguaggio più adatto ai salariati e ai garantiti, il centrodestra all'area della modernizzazione. Berlusconi lo sa bene e recupera, come ha fatto a Vicenza, forzando questa composizione sociale. Tutto qui».

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