Roma - La stagione congressuale del Popolo della libertà è ormai alle porte. E sul territorio sono ormai partite le grandi manovre degli attori protagonisti - ministri, colonnelli, capicorrente, signori delle tessere e semplici portatori di acqua e di voti - pronti a confrontarsi nel primo grande test territoriale, fortemente voluto da Angelino Alfano.
Le incognite sono ancora parecchie. Il tempo stringe e le date non sono ancora state fissate. Ma proprio quando qualcuno iniziava a dubitare dell’effettiva celebrazione dei congressi e prefigurava una exit-strategy, martedì scorso è arrivata la rassicurazione ufficiale del segretario. Alfano - che sa che su questa partita mette in gioco la credibilità conquistata in questi mesi - ha trasmesso una circolare ai coordinatori locali comunicando che «il termine per le iscrizioni scade tassativamente il 31 ottobre. I congressi provinciali si terranno dalla fine di novembre. I congressi comunali successivamente ma entro il 31 dicembre».
Un segnale chiaro contenente un doppio messaggio. Il primo, un sonoro «indietro non si torna» indirizzato ai tifosi del mantenimento dello status quo. Il secondo, un monito spedito ai ras locali e a tutti coloro che speravano in un allentamento delle regole per riesumare antiche condotte e classici trucchi da Prima repubblica, mettendo insieme vagonate di tessere «last-minute» di dubbia provenienza. A questo punto, ai primi di novembre, i dirigenti del Pdl si riuniranno per stabilire le date di quella che si preannuncia come una vera «election week» ma anche una prova di maturità per un partito chiamato a gestire in maniera trasparente un processo complesso.
I rischi sono quelli inevitabili di un tesseramento finalizzato a una stagione congressuale, gli stessi sottolineati ieri dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti. C’è chi cerca proseliti tra le curve calcistiche e chi offre cene con compilazione moduli. Chi chiede aiuto agli imprenditori amici affinché facciano leva sui propri dipendenti e chi si rivolge alle parrocchie. In pratica l’Abc del proselitismo politico, in una grande guerra destinata a durare ancora una settimana. «Con questo sistema è davvero molto difficile eludere le regole» spiega Gregorio Fontana, responsabile tesseramento. «Si vota solo di persona (una testa, un voto), presentando il documento e soltanto se si è effettuato personalmente il versamento tramite bonifico o carta di credito (10 euro per votare, 50 per essere eletti). Politicamente, invece, vedremo nascere davvero un partito fuori dalla logica del 70/30». Il metodo è il migliore, ribadiscono i dirigenti, anche se il timore della «scalabilità» del partito per chi è disposto a mettere mano al portafoglio esiste, visto che con 50mila euro ci si aggiudicano 5mila tessere. Con tutto quello che ne consegue: il diritto di nominare i gruppi dirigenti, di designare candidati, di sedersi al tavolo delle liste elettorali. E con la prospettiva di vedersi rimborsare quanto investito visto che il vincitore incassa le quote associative, anche se ovviamente dovrà destinarle alla vita del partito.
«Accetto la provocazione di Sallusti come uno stimolo al massimo controllo possibile - dice Maurizio Lupi - ma preferisco correre qualche rischio piuttosto che rinunciare alla selezione democratica della classe dirigente e a un partito radicato sul territorio. Questa fase sta restituendo entusiasmo e diffondendo la convinzione che il Pdl non sarà un partito di plastica in cui ci si siede sulle poltrone perché si è amico degli amici». Una tesi sposata anche da Ignazio La Russa: «Non bisogna cadere nell’errore di pensare che i congressi significhino ritorno all’ancient regime. Piuttosto rappresentano la volontà, condivisa da Berlusconi, di proiettare gli orizzonti del Pdl avanti nel tempo. Abbiamo adottato un modello più trasparente di quello dei vecchi congressi del Msi, senza possibilità di delegare il voto. Ora bisogna concludere il percorso, stabilendo le incompatibilità». E se Sandro Bondi, insieme a Fabrizio Cicchitto, parla di «prova di maturita del nostro movimento», Maurizio Gasparri sottolinea che «i tesseramenti sono la forma di radicamento più trasparente». Benedice i congressi anche Daniela Santanchè. «È giusto farli come momento di crescita e non di divisione o ribellione. Una testa, un voto ci mette al riparo dai signori delle tessere».
Di certo la corsa al tesseramento, dopo una partenza lenta, ha subito una forte accelerazione. «Si sono scatenati in molti, dai ministri ai capibastone» racconta un dirigente. «Chi ha fatto finora la voce grossa dovrà dimostrare di avere consenso, il timore di perdere posizioni di potere è evidente». E così, ufficiosamente, si torna a parlare di un traguardo, quello delle 500mila tessere, ormai alla portata.
Di alleanze in grande movimento. E di una scossa che sul territorio assomiglierà a una sorta di redde rationem. Con l’auspicio che correnti e potentati, dopo essersele date di santa ragione, ricordino ancora la comune ragione sociale del partito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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