Tasse e bugie, così il premier ha preso in giro gli italiani

Dall’imposta di successione ai Bot, all’aumento dell’Ici: le promesse del Professore smentite dalla finanziaria. Quando diceva: «Il mio obbiettivo? Aiutare il ceto medio»

Paolo Bracalini

da Milano

«È delinquenza politica, questa è de-lin-quen-za politica». Aveva reagito seccato Prodi quando, a fine marzo, un cronista gli aveva riferito la profezia di Giulio Tremonti: «Se vanno al governo alzeranno le aliquote Irpef di artigiani e autonomi». Ma chi ha mai parlato di aliquote? Chi ha mai detto che vogliamo alzarle? Forse c’era qualcosa di sbagliato nei conti del Professore, perché - è scritto nella Finanziaria - aumentano le aliquote previdenziali di artigiani e commercianti, e per i lavoratori autonomi il carico fiscale cresce già con un reddito di 30mila euro lordi l’anno. Erano quelli i giorni delle gaffe multiple dell’Unione sulla ricetta economica da adottare «per il bene dell’Italia» (titolo del monumentale programma di governo del centrosinistra). Prodi, messo all’angolo dalle sparate dei suoi stessi alleati, doveva già bofonchiare delle scuse e promettere agli elettori: «Non aumenteremo le tasse, combatteremo l’evasione». Ma c’è un doppio Prodi, prima e dopo, candidato e premier. Assicurava che non avrebbe messo le mani nelle tasche dei contribuenti, eppure con la sua finanziaria la pressione fiscale aumenta di circa 2 punti e sfiora il livello record del 43%, tornando vicino ai livelli massimi del ’97 (quando c’era la sua tassa per l’Europa). Se però qualcuno avesse detto una cosa del genere in campagna elettorale, sarebbe stato indicato come «terrorista» dal candidato premier dell’Unione.
Ancora a fine marzo: «Non tasseremo né i Bot né i Cct. Portare la tassazione dal 12,5% al 20% è un obiettivo di lungo periodo». Lungo meno di sei mesi. Con la manovra la tassazione del risparmio (Bot e Cct) è stata armonizzata esattamente al 20%. Anche nel duello tv con Silvio Berlusconi, primo round il 3 aprile, a domanda sulle riforme fiscali il Professore rispondeva ieraticamente: «Abbiamo messo nel programma l’imposizione sulle rendite finanziarie, ma non Bot e Cct». Figurone davanti alle telecamere, figuraccia ora.
L’imposta di successione? Tranquilli, riguarderà solo «i grandi, grandissimi patrimoni, fortune nell’ordine di parecchi milioni di euro (3 aprile)», rassicurava Prodi, escludendo di considerare come patrimonio «un appartamento di 80 mq in periferia». Ora, in molti hanno scoperto di essere milionari a loro insaputa, per avere un «grandissimo patrimonio» quantificabile in una prima casa da 250mila euro, il limite da cui scatterà la nuova imposta di successione. Grosso modo il prezzo di un appartamento di 80 mq in periferia. Perché la tassa di successione è stata abolita solo lessicalmente. C’è, ma si chiama in un altro modo. «Dichiarazione di trasferimento a causa di morte», sottoposta a numerose imposte (di registro, ipotecaria e catastale) e si applica in tutti i casi, con tasse dal 2 al 6%, per i parenti non di primo grado, mentre gli altri pagheranno dal 4 all’8%.
Capitolo guerra fredda con gli enti locali. «L’Ici non intendiamo aumentarla, anzi abbasseremo molto le aliquote» (Romano Prodi in conferenza stampa con Letta e Bersani, 29 marzo). Adesso però il premier deve fare i conti con i nervi dei sindaci, anche alleati ds, a cui il governo ha tagliato 3 miliardi di euro e che saranno probabilmente costretti a ritoccare l’Ici dopo l’invito del governo a rivedere gli estimi catastali.
Ma tutte le preoccupazioni dell’economista Prodi in campagna elettorale erano per il ceto medio. «La nostra è una strategia fiscale molto chiara: vogliamo alleviare il peso fiscale per le categorie medio-basse ed equilibrare la situazione italiana», spiegava ai microfoni di Radio anch’io il 30 marzo. Ma il risultato della finanziaria è l’esatto opposto. Una stangata per il ceto medio e benefici modesti per le fasce più basse. Pagheranno più tasse i contribuenti single con oltre 25mila euro di imponibile e tutte le famiglie con oltre 30mila euro di reddito complessivo, cioè il 50 per cento delle famiglie italiane. «Mi impegno a mantenere invariata la pressione fiscale», ripete ancora Prodi a maggio al Senato. Ma poi il governo mette nuove tasse, nuovi obblighi contributivi, alza pedaggi e accise.

Il risultato è una batosta sulle famiglie che si può valutare in 1300 euro in più (media per nucleo famigliare). «Sì, tassiamo i Bot, alziamo le tasse e poi mangiamo anche i bambini, ne ho appena mangiati tre», dice a febbraio. Ma no, stava solo scherzando.

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