«Tasse sui patrimoni? Prodi è inattendibile»

Antonio Signorini

da Roma

Romano Prodi è «inattendibile» su uno degli argomenti che sta più a cuore agli italiani. E cioè le tasse che, in caso di vittoria della sinistra, dovranno pagare sui patrimoni e i beni lasciati in eredità. Il premier Silvio Berlusconi punta ancora una volta il dito sul programma economico dell’Unione e accusa il leader della coalizione avversaria di non avere detto come stanno le cose a proposito della tassa di successione. Prodi - ha ricordato il presidente del Consiglio a Bruxelles per il vertice europeo - aveva detto che la tassazione sarebbe stata reintrodotta per i patrimoni da 250mila euro in su. «Il suo ufficio stampa - ha osservato Berlusconi - ha rettificato sostenendo che si parte da 500mila euro in su, oggi invece è solo sulle grandi fortune».
Un episodio che lo spinge a una considerazione negativa circa la reale rappresentatività del candidato premier della sinistra. «Quale attendibilità possono avere le parole di Prodi? - dice Berlusconi -. C’è un sistema della sinistra che prima dice una cosa e poi la contraddice quando capisce di aver colpito un tasto sulla sensibilità degli italiani». La tesi di Berlusconi è che il Professore «non conti nulla» all’interno della coalizione. Nemmeno quando si tratta di capire cosa vuole l’Unione a proposito di tasse, «perché la voce in capitolo ce l’hanno Diliberto, Bertinotti e gli altri capi dei tre partiti comunisti». Sempre in tema di fisco, ieri Prodi ha negato di voler alzare le tasse: «Noi le abbasseremo diminuendo il tasso sui conti correnti dal 27 al 19-20 per cento». E i Bot e Cct che saranno colpiti sono solo quelli «di futura emissione». Ma di un «dovere» di chiarire la posizione della sinistra sulle tasse ha anche parlato il ministro alle Comunicazioni Mario Landolfi. «In caso contrario - ha commentato - ogni italiano è autorizzato a pensare che l'inconfessabile obiettivo dell’Unione è quello di tassare i Bot e di penalizzare i risparmiatori».
Il premier è andato all’attacco anche sui conti e sulla trimestrale di cassa. La data di pubblicazione dei conti pubblici relativi ai primi tre mesi dell’anno sono diventati argomento di scontro tra destra e sinistra. Già nei giorni scorsi il ministro all’Economia Giulio Tremonti aveva ironizzato sulla richiesta dell’Unione di riceverli prima della scadenza del trimestre. Ieri Berlusconi ha accusato Prodi di «non saper contare» quando chiede al governo di fornire i dati della trimestrale di cassa. «Al signor Prodi che chiede al governo la trimestrale di cassa dico che non sa neppure contare. Trimestrale vuol dire, appunto, che il documento di cassa si riferisce a tre mesi, ovvero gennaio, febbraio e marzo. Il che significa che per poter fare i conti bisogna attendere la fine dei tre mesi. Siamo al 23 marzo: cosa vuole il signor Prodi?».
L’anno scorso i dati della trimestrale arrivarono in aprile, ma le parole del premier sembrano lasciare intendere che arriveranno a fine marzo. Prima delle elezioni. Ma la tesi del Professore è che i dati sono già in possesso del ministero dell’Economia e che debbano solo «essere resi pubblici».
Un modo per dire che le finanze pubbliche sono messe male. E che il governo non vuole diffondere i dati per non compromettere il risultato elettorale. Una tesi che il premier respinge, ricordando che, fino ad ora, l’Italia ha rispettato i patti con l’Europa.
I conti «sono in ordine», ha assicurato in una pausa dei lavori del vertice europeo. «Ricordo - ha argomentato dal Belgio il presidente del Consiglio - che l’Ecofin ha appena approvato i nostri conti del 2005 e la Finanziaria del 2006 che abbiamo consegnato. Inoltre, voglio ricordare che abbiamo ereditato dal governo della sinistra un deficit eccessivo al 3,2 per cento, quando ancora non erano in deficit eccessivo Francia e Germania». Per tre anni, ha aggiunto Berlusconi «siamo rimasti sotto il 3 per cento, nonostante l'eredità che abbiamo avuto.

Poi, cambiato il Trattato di Maastricht per iniziativa del nostro governo, abbiamo ritenuto di sostenere l'economia. E ora siamo passati al 4,1 per cento. Quindi noi abbiamo sempre rispettato il patto di Maastricht, mentre gli esecutivi della sinistra hanno fatto esattamente il contrario».

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