«Hannibal, Alpibus superatis, in Padanam planitiem descendit». È un po’ di tempo che un finiano con la passione della storia antica va in giro a ripetere questa frase. Non è impazzito. La citazione nasconde la tattica del suo partito. Berlusconi va trattato come Annibale. Il generale cartaginese superò le Alpi con gli elefanti, scese giù oltre la pianura padana, spazzò via i romani sulle sponde del Trasimeno e cominciò a scorrazzare per la penisola. È qui che entra in gioco Quinto Fabio Massimo, passato alla storia come il temporeggiatore. Il console cominciò a seguire Annibale senza attaccarlo mai, lo punzecchiava, lo innervosiva, lo provocava, ma stava ben attento a non accettare una battaglia campale. Nessuno scontro. Una sconfitta sarebbe stata definitiva. Addio Roma. L’obiettivo era esasperare Annibale, logorarlo. La tattica funzionò fino a Canne. Lì ci fu battaglia e i romani le presero. La storia la sapete. Furono gli ozii di Capua, non la guerra, a dannare Annibale. Tutto questo spiega la reazione dei finiani ai cinque punti di Berlusconi. I paletti che dovrebbero definire il futuro della maggioranza. La questione di fiducia, quelle su cui ci stai e non ci stai.L’offensiva per stanare gli indecisi e isolare i falchi. E cosa rispondono Bocchino e compagnia? Concordiamo. Bene. Sembra il programma di Fini. No problem Cavaliere. Volete la fiducia? Servita. Certo, ci sarebbe poi quel cinque per cento di problemini che non ci convince. Quelle cosette sulla giustizia e sul processo breve. Ma vogliamo litigare su queste questioncine? Ancora, il giorno dopo, sempre Bocchino: «Prendere o lasciare è una logica commerciale». Da venditore. Insomma, il modo migliore per far saltare i nervi al premier. I finiani non se ne vanno, stanno lì come coinquilini scomodi e logorano la maggioranza, senza mai farla cadere. Tirare almeno fino a primavera. Il discorso è sempre lo stesso. Il tempo gioca a sfavore di Annibale come di Berlusconi. L’unica cosa da evitare per i finiani sono le elezioni subito. Non possono permettersele. Verrebbero spazzati via. Addio Fli. Addio Fini. Addio Briguglio, Granata, Bocchino e chi resta con loro. Ecco perché l’unica tattica possibile per i finiani è temporeggiare. Come sussurra lo stesso presidente della Camera: «La politica non si fa con i prendere o lasciare ». Può darsi. Il problema è capire il confine tra compromesso e stillicidio. Berlusconi lo sa e infatti negli ultimi tempi ha scelto di non caricare a testa bassa. Sarebbe inutile. Non è con la rabbia che si risolve il problema finiano. Il leader della maggioranza ha intuito che i suoi ex alleati sono ancora meno compatti dei senatori romani ai tempi di Fabio Massimo. C’è un gruppo riluttante che ogni giorno si interroga sulle sue scelte e si immagina già pensionato senza gloria e denari. C’è chi su questa avventura ha scommesso per un salto di qualità della sua carriera e potrebbe anche tornare a casa se ne vale la pena. Ci sono i delusi, gli amareggiati, quelli che non perdonano a Berlusconi l’indifferenza e quelli che si sentono artisti. E poi ci sono quelli che non hanno più nulla da perdere, i non perdonabili. È il caso di Bocchino, Briguglio e Granata. L’ultimo, in particolare, spinge anche per andare subito allo scontro e negli ultimi giorni sembra non gradire la tattica dei temporeggiatori. Granata a questo punto o vince con Fini o si deve accasare da qualche parte, magari con Di Pietro. I suoi furori gli frutteranno una patente «No Cav». Al vertice di palazzo Grazioli Berlusconi avrebbe parlato dei cattivi consiglieri finiani. Non ha fatto nomi, limitandosi a un generico «quei soliti tre». Sono loro quelli da isolare. Il premier punta sui moderati, sulla paura, sulle incertezze e su un gruppo che si sente solo. E questo è il punto più delicato. La tattica del «temporeggiatore » funziona se hai un leader capace di dare fiducia al suo esercito. È una guerra di nervi, dove ogni giorno sfiori la battaglia senza mai affrontarla. È adrenalina e frustrazione. Molti invece cominciano a chiedersi dove sia il loro leader. Le parole di Bocchino non sono casuali: «Fini ha il dovere di fondare un nuovo partito».
Il senso del discorso è tutto qui. Annibale è a Roma, parla, muove le truppe, chiama a raccolta lo stato maggiore, mobilita la cavalleria. E lui, Fini, invece dov’è, che fa? È a Ansedonia con la Tulliani. Lui si immerge.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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