"Maria Stuarda", due regine per il trono

Livermore sceglierà la protagonista con una piuma. Costumi in Dolce & Gabbana

"Maria Stuarda", due regine per il trono
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Dopo essersi confrontato con la tragedia greca, portando in scena «Elena» di Euripide e «Orestea» di Eschilo, meravigliando il pubblico con le sue «trovate» (come avrebbe detto Hinkfus, in «Questa sera si recita a soggetto»), scenografiche e musicali, Livermore ha scelto di cimentarsi con la tragedia romantica, ovvero «Maria Stuarda», di Schiller, al Carcano da oggi al 12 novembre, con due regine della scena: Laura Marinoni e Elisabetta Pozzi, riproponendo il fascino della parola che ha in comune, con quella della tragedia greca, la forma ritmico-musicale, grazie all'endecasillabo sciolto.

Ho visto le due edizioni di «Maria Stuarda», nel 1964, con Proclemer-Brignone e Albertazzi nella parte di Leicester, regia Edmo Fenoglio, e nel 1993, con Rossella Falk-Valentina Cortese, con la regia di Zeffirelli, più attento alle scenografie, da melodramma; entrambi i registi, a dire il vero, si misero al servizio delle grandi attrici. Livermore non ha rinunziato a una sua idea di regia, inventando un prologo, in cui immagina che un angelo, facendo cadere una piuma, indicherà chi, delle due protagoniste, dovrà interpretare Maria o Elisabetta, in modo che il caso e non il destino, come nella tragedia antica, stabilisca le parti. Tanto che Marinoni-Pozzi sono in scena, in vestaglia, attendendo quale personaggio interpretare e, quindi, quali costumi indossare che, per l'occasione, sono firmati da Dolce & Gabbana.Si arriverà all'epilogo, durante il quale, tutti gli interpreti, eseguono passi di danza con la musica rock di Mario Conte, eseguita dalla cantautrice Giua che, a sua volta, come un basso continuo, commenterà, con la chitarra elettrica, la vicenda che vede contrapposte due regine che si contendono il potere: la prima come erede, la seconda come «bastarda», figlia di Enrico VIII e Anna Bolena che il re farà decapitare, così come Elisabetta farà decapitare Maria. L'intreccio, di cui Schiller era un maestro, porta in scena gli intrighi di palazzo, gli strascichi della guerra civile, quelli della guerra di religione tra cattolici e protestanti, ma anche amori, sesso, tradimenti, omicidi.

Il mescolarsi degli avvenimenti piace molto a Livermore che, rinunziando all'uso dei video e di tanti Ledwall, punta a una scena, caratterizzata da una grande scalinata, che, con un abile uso della scenotecnica, permette di indicare i luoghi dell'azione: la prigione, la corte, il parco, dove avviene l'incontro delle due regine, non confermato dalla storiografia, le segrete, dove avverrà la decapitazione. Tale spazio neutro offre alle due protagoniste di confrontarsi in un duello che non è solo politico, ma pure scenico, oltre che specchio nel quale, i due opposti, finiscono per fondersi.

Debbono dimostrare di essere nemiche, non solo a livello politico e religioso, ma anche sessuale, essendo amanti dell'avido Leicester, interpretato da Sax Nicosia. L'operazione drammaturgica ha permesso a Livermore di ridurre i personaggi da venti a sette, impegnando, in più parti, Linda Gennari, bravissima nella parte di Mortimer, Gennaro Judica Cordiglia e Olivia Manescalchi.

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