Cosa sappiamo di New Financial Technology, il primo criptofallimento italiano

New Financial Technology e cosa sapere se si vuole investire in criptovalute. Laddove ci sono possibilità di grandi guadagni, si annidano spesso grandi rischi

(Immagine: Pixabay/geralt)
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La notizia sta rimbalzando con velocità ovunque. La New Financial Technology Ltd. di Silea (Treviso ma con sede legale a Londra) ha bloccato i conti dei propri clienti, impedendo loro di attingere ai rispettivi fondi. L’azienda, attiva negli investimenti in criptovalute, garantiva un interesse fisso del 10% per gli investimenti superiori ai 10mila euro. Tra i clienti c’è chi ha perso anche centinaia di migliaia di euro.

Occorre capire cosa è successo, perché è successo e come possono i clienti recuperare i loro soldi.

New Financial Technology e l’arbitraggio

Per l’azienda trevigiana le criptovalute erano un mezzo di investimento basato sull’arbitraggio, ossia sulle plusvalenze realizzate dalla differenza di prezzo tra i vari exchange, ossia i servizi di acquisto e vendita. Uscendo dall’aspetto virtuale si tratta di un funzionamento del tutto simile a quello dell’acquisto e della vendita di valuta per realizzare dei guadagni. La New Financial Technology, che accettava investimenti a partire da 10mila euro e che garantiva interessi mensili del 10%, ha chiuso i rubinetti di seimila clienti italiani.

I sospetti che qualcosa non quadrasse non risalgono però a ieri, già a metà maggio ci si è interrogati sulla reale solidità dell’azienda di investimenti. La prima cosa che è venuta meno è la cultura dei clienti, attirati da quel 10% di rendimento mensile che è un altro campanello d’allarme, anche se non necessariamente, perché quando si agisce sui mercati innovativi si possono realizzare guadagni (e perdite) di una certa sostanza.

Irregolarità ce ne sono state, come sottolinea l’avvocato e socio della New Financial Technology Emanuele Giullini che, nel rilasciare un’intervista a Repubblica, ha comunicato di avere rimosso gli altri due soci Christian Visentin e Mauro Rizzato dei quali si sarebbero perse le tracce. Le risposte dell’avvocato sono però di difficile lettura: prima dice di avere rimosso gli altri soci, poi lascia intendere che questi si siano auto-rimossi. Inoltre sostiene di non avere ancora avuto accesso ai fondi aziendali né al portafoglio degli investimenti ma, nonostante ciò, garantisce che i clienti riavranno i propri soldi.

Come recuperare i soldi?

Se l’avvocato Giullini non mantenesse la parola data, la via della class action non sarebbe percorribile, perché la New Financial Technology è di diritto inglese. Si può agire in via penale e civile ma è questione che può durare anni e che può dare risultati variabili.

A prescindere dall’azienda o dalla piattaforma che tratta le criptovalute, occorre muoversi con prudenza perché il recupero dell’investimento è spesso complicato, o perché si tratta di vere truffe e, chi le mette in atto, non ha interesse a farsi trovare, o perché adire le vie legali quando la controparte è un soggetto estero e poco solido, non offre molte garanzie.

A cosa fare attenzione

Quando si investe, a prescindere dal fatto che si scelga il mercato delle criptovalute, è opportuno che si dialoghi con un soggetto dotato di tutte le autorizzazioni necessarie. La Consob allestisce elenchi periodici delle società che agiscono senza tali requisiti. Il prospetto informativo deve essere consegnato ai clienti prima che questi firmino un contratto o un impegno equivalente.

Nel caso specifico dell’azienda di Treviso a fare storcere il naso non è tanto il tasso di remunerazione offerto ma la garanzia del tasso fisso applicato a investimenti fatti su mercati altamente volatili. Un altro indizio che avrebbe dovuto insospettire i seimila clienti.

Quando si parla di criptovalute, poi, la questione si complica molto. Prima di tutto perché “criptovalute” vuole dire poco, così come è vago sostenere di investire in “materie prime” o “nel mercato automobilistico”. Mentre scriviamo le criptovalute sono 20.540 e si tratta di un numero in continuo aggiornamento. Non tutte sono degne di attenzione da parte di un pubblico vasto, ma tra queste figurano anche le più celebri Bitcoin, Ethereum, Tether, Cardano e Solana (tanto per citarne alcune tra le più note e diffuse).

Se il mero investire sfruttando le oscillazioni delle quotazioni può apparire facile, ci sono anche dei meccanismi meno evidenti ai più che determinano disastri notevoli, i quali demoliscono la fiducia degli investitori con ricadute sugli investimenti.

Due esempi

Il primo è relativo a due criptovalute collegate tra loro TerraUSD e Luna. TerraUSD è stata progettata per essere di pari valore a quello di un dollaro e oggi vale poco meno di tre centesimi. Luna è passata dai 120 dollari di aprile a 1,97 euro odierni. Terra usava un sistema algoritmico per stabilizzare il proprio valore, emettendo nuove cripto per impedire che il prezzo salisse troppo oppure distruggerle in caso di perdita di valore. In questo gioco rientra anche Luna che gli investitori possono usare per convertire i token TerraUSD in loro possesso. Per ogni coin Luna generato ne veniva distrutto uno TerraUSD proprio per stabilizzarne il valore. Tutto ha retto bene fino al punto in cui il mercato è stato inondato di Luna, facendo così crollare il suo stesso valore oltre a fare scendere ai minimi quello di TerraUSD.

A maggio il valore di mercato delle due criptovalute era di 60 miliardi di dollari, oggi è di circa 250mila dollari.

Il secondo esempio, di tutt’altra natura, è persino fantozziano. Gli intermediari del mercato delle criptovalute non sono tutti disonesti. Ci sono anche quelli poco svegli, come nel caso del servizio di scambio offerto da Nomad il quale, per fornire una spiegazione semplice, ha perso decine di milioni di dollari non essendo in grado di capire quali transazioni fossero già avvenute e quali fossero ancora da eseguire. Gli hacker, mediante una tecnica nota con il nome di replay attack, hanno replicato transazioni già concluse impossessandosi degli importi che altri utenti avevano già incassato, senza ovviamente dare nulla come contropartita. Chi aveva depositato le proprie criptovalute può, con ogni probabilità, dirgli addio in modo definitivo.

Un errore di programmazione, certo, ma capace di mostrare quali disastri possano avvenire anche a causa di mancati accorgimenti. Nel caso specifico, in seguito ad un aggiornamento software, i servizi per il controllo delle ricevute delle transazioni già avvenute, non erano stati riattivati.

Per concludere

Il mercato delle criptovalute può sembrare appetibile e di facile approccio. Che sia in grado di remunerare in modo consistente è vero, così come è vero il suo contrario.

Può essere un campo di investimento, purché venga meno quella sensazione che ha convinto molti a considerare le criptovalute al pari di beni rifugio e che, in realtà, è un settore di investimenti poco tutelato e difficilmente tutelabile. Ci vuole una cultura adatta, così come in ogni altro campo. Non è tutto da buttare ma non è la nuova El Dorado.

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