Dopo l'arresto della figlia in Canada, le diverse accuse di spionaggio e il fermo di un direttore delle vendite cinese in Polonia, Ren Zhengfei, fondatore del colosso delle telecomunicazioni Huawei, ha deciso di rompere il silenzio. "Amo il mio Paese, la Cina, sostengo il partito comunista ma non ho mai ricevuto alcuna richiesta da alcun governo di fornire informazioni inappropriate", ha dichiarato l’ex ingegnere dell’Esercito popolare di librazione.
Per la quarta volta in tutta la sua vita, l'uomo ha accettato di parlare ai giornalisti occidentali per difendere l'azienda dalle accuse di spionaggio internazionale. La Huawei è infatti sospettata dagli Stati Uniti e da numerosi Paesi di agire per conto di Pechino. "Personalmente non danneggerei mai gli interessi dei miei clienti e io e la mia società non risponderemmo a richieste del genere", ha spiegato Zhengfei.
"Mi manca mia figlia", ha affermato l'imprenditore che, nel corso dell'incontro con la stampa, ha anche definito Donald Trump un "grande presidente che osa fare tagli di tasse massicci, che faranno bene agli affari". Huawei è finita nel mirino delle autorità di diversi Paesi che ne hanno bloccato la partecipazione allo sviluppo delle reti tlc di nuova generazione 5G. Così Zhengfei ha affermato che "non si può lavorare con tutti: sposteremo la nostra attenzione nel servire meglio i paesi che accolgono Huawei".
Tensione con il Canada
Nel frattempo cresce la tensione con il Canada. La Cina ha avvertito i suoi cittadini dei "rischi" che potrebbero correre durante la loro permanenza nel Paese.
Una risposta ad Ottawa che aveva emesso un avvertimento analogo in seguito alla condanna a morte di un cittadino canadese in Cina per traffico di droga. "Recentemente, in Canada, i cittadini cinesi sono stati arbitrariamente detenuti a causa delle richieste dei paesi terzi", ha affermato il ministero degli Esteri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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