Twitter la spunta contro Elon Musk: cosa succede

Elon Musk optava per il rito ordinario, al contrario di Twitter. Un tribunale del Delaware ha accolto la richiesta della piattaforma. In aula già a ottobre

Twitter la spunta contro Elon Musk: cosa succede

Il contenzioso tra Twitter ed Elon Musk riserva già qualche colpo di scena. Mentre Twitter non ha mai nascosto di volere andare in aula il prima possibile e di preferire la formula del processo rapido, il patron di Tesla ha optato per il rito ordinario. Due modalità di procedimento agli antipodi: la prima permette di dibattere il tema in aula in tempi brevi e di arrivare a sentenza in pochi giorni, quattro o cinque. Il rito ordinario, oltre a spingere in là nel tempo la data di inizio della celebrazione del processo, lo rende anche più lungo.

In termini più misurabili, Twitter desiderava andare in aula in autunno, Musk a febbraio del 2023. Un tribunale del Delaware, Stato USA in cui Twitter ha la propria sede legale, il 19 luglio 2022 ha accolto la richiesta della piattaforma di microblogging poiché quotata in borsa e l’attesa non gioverebbe né all’azienda né agli investitori.

Si può quindi sostenere che, ancora prima di dare il via alle ostilità in aula, Musk ha dovuto incassare un colpo. Questo non significa che Twitter otterrà ragione in tribunale, ha più a che fare con la visione non proprio puntuale di Musk.

Perché Twitter ha fatto causa a Elon Musk

Il 25 aprile scorso Elon Musk ha offerto di comprare Twitter per la cifra di 44 miliardi di dollari. Il 13 maggio lo stesso Musk ha congelato l’offerta a causa del numero di utenti falsi di Twitter i quali, sempre secondo il co-fondatore di Tesla, sarebbero stati molti di più di quanti sostenuto da Twitter. L’offerta è stata poi definitivamente ritirata lo scorso 8 luglio, proprio a causa di quella che – stando a Elon Musk – sarebbe una violazione dell’accordo da parte di Twitter.

Gli scenari più probabili

Non è possibile sapere come finirà la contesa, fermo restando che a oggi gli scenari sono tre. O la giudice Kathaleen McCormick potrebbe dare a Musk il diritto di defilarsi dall’affare pagando la penale da 1 miliardo di dollari pattuita in fase contrattuale, oppure potrebbe obbligarlo a concludere l’acquisizione. L’alternativa, sempre possibile, è che le parti trovino un accordo.

Quello che sappiamo

La storia recente ci insegna che gli utenti non sono il motivo per i quali avvengono queste acquisizioni. Nel 2013 (dati Statista) WhatsApp dichiarava 400 milioni di utenti attivi e due mesi dopo, a febbraio del 2014, Facebook ha acquisito l’app di messaggistica per 19 miliardi di dollari, ovvero 47,5 dollari per ogni utente. Una cifra senza logica ma che ne ha assunta una nelle strategie di Mark Zuckerberg, che voleva creare un mondo di persone connesse e che, per aumentare la base utenti di Facebook, si è dimostrato generoso nell’acquisire WhatsApp la quale, all’epoca non era profittevole. Nel 2014 Facebook aveva 1,23 miliardi di utenti mentre oggi ne ha 2,8 miliardi mensili (1,84 miliardi quelli che si connettono giornalmente) e WhatsApp 1,6 miliardi. Vero che molto spesso il numero di utenti si sovrappongono perché, chi usa Facebook, tende a usare anche WhatsApp ma questo nulla toglie all’obiettivo di Zuckerberg. Le basi utenti del social network e dell’app di messagistica istantanea si sono spinte verso l’alto a vicenda.

Dal canto suo Musk ha sempre dichiarato di volere comprare Twitter per il suo potenziale e non di certo per il numero di utenti, 317 milioni attivi mensilmente dei quali 229 milioni attivi ogni giorno. Applicando il calcolo costo per utente, otterremmo 138 dollari ognuno. Se fosse fatta in base al numero degli utenti, l’acquisizione di Musk sarebbe persino assurda, considerando che Twitter vede le cifre nere soltanto di rado. In ogni caso, rientrare dell’investimento di 44 miliardi sarebbe operazione lunga e ardua.

La data cruciale è quella del 25 maggio, quando Musk si è visto obbligato a cambiare strategia per trovare i fondi necessari all’acquisizione. Musk voleva ridimensionare il prestito ottenuto grazie ai titoli azionari di Tesla, aumentando la partecipazione propria e contando anche su aiuti esterni, magari convincendo gli attuali azionisti di Twitter a convergere nella sua scalata imprenditoriale.

E questo ci riconduce al motivo più probabile per il quale Musk vuole fare un passo indietro. Il 25 aprile, quando ha fatto l’offerta a Twitter, i titoli Tesla valevano 51,70 dollari. Il 24 maggio sono scesi a 35,76 dollari e oggi, pure essendo risaliti a quota 39,49, valgono comunque il 24% in meno di allora.

Ottenendo denaro dalle banche offrendo come garanzia le azioni Tesla, Musk sarebbe chiamato alla cassa ogni qualvolta le azioni perdessero valore. Per fare un esempio, per ogni miliardo di dollari ottenuto in prestito, Musk dovrebbe dare a titolo di garanzia circa 25.300 azioni. Se le azioni perdessero terreno dovrebbe coprire la differenza perché, dal punto di vista dell’istituto di credito che ha concesso il prestito, il miliardo erogato non corrisponderebbe più al valore delle azioni offerte come garanzia.

Le previsioni economiche non sono buone tant’è che, il 3 giugno 2022, Musk ha ipotizzato di licenziare il 10% della forza lavoro di Tesla.

La possibilità che nei prossimi mesi le azioni possano scendere non è utopica e, a questo punto, l’impegno finanziario collegato all’acquisizione di Twitter sarebbe pesante anche per un uomo così ricco.

Quella del numero di utenti falsi che Twitter non riesce a quantificare in modo preciso sembra essere una via d’uscita per Musk. Se potrà imboccarla o no, lo deciderà la corte.

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