Dal telefono all’iPod: ecco le scoperte «rubate»

Le paternità di brevetti e invenzioni sono spesso contestate e le sentenze dei tribunali non bastano a fermare le liti. Storiche le dispute Meucci-Bell e Marconi-Tesla

È quell’amaro che resta in bocca comunque, anche se sì - è vero - nessuno pensa a un premio, nessuno pensa a un Nobel quando dedica la vita, un’intera vita, alla ricerca. Studio, fatica, delusioni, genio, sperimentazione: eccola la ricerca. Nulla a che fare con un premio. Eppure proprio per questo il mancato riconoscimento al fisico Nicola Cabibbo, quel Nobel scippato senza ragione - o forse per qualche perversa ragione - sembra un torto ancora più insopportabile da digerire. Perché è uno schiaffo a chi per anni ha lavorato lontano dai riflettori, una beffa orchestrata proprio quando quei riflettori stavano per accendersi. Una beffa affatto inconsueta, pare. Cabibbo sembra essere solo l’ultimo di una lunga serie di cervelli che la storia ha relegato al ruolo di re senza corona.
Fisici, genetisti, inventori. Lo scettro gli è stato rubato davanti agli occhi. E la storia ha cancellato i loro nomi. O li ha recuperati, con tante scuse, solo molto tempo dopo, magari quando quel tempo non aveva più tanto senso. Così è successo a Rosalind Franklin, morta di cancro nel 1958, a causa delle radiazioni cui si era esposta nei suoi lavori decisivi per la mappatura del Dna. Il riconoscimento mondiale per quella scoperta è storicamente attribuito a James Watson e Francis Crick, vincitori del Nobel nel 1962. Alla Franklin è rimasto solo un caro prezzo, il più caro, da pagare per il suo lavoro.
A volte succede perché sei donna, come per Rosalind nella Gran Bretagna degli anni Cinquanta, ma molto più spesso è successo per mancanza di quattrini. Così di recente la Apple, che con quell’aggeggino cult ha vissuto il grande rilancio, ha ammesso che l’i-Pod (il lettore Mp3 più venduto del mondo) è stato inventato, nel 1979, da Kane Kramer, un ventitreenne inglese squattrinato che ha lasciato scadere i brevetti proprio per mancanza di cash - contante. Brevetto rilevato, idea rubata, celebrità perduta. Ma per Kramer c’è ancora speranza. La stessa speranza premiata del ricercatore giapponese Shuji Nakamura, che aveva ricevuto come premio dalla Nichia Chemical, la società per cui lavorava, l’equivalente di appena 150 euro per l’invenzione del led blu (il semiconduttore Blu-Led). Il Nobel lo aveva avuto, ma la ricompensa economica era stata a dir poco misera. Così un tribunale di Tokyo gli ha riconosciuto il torto subìto: 150 milioni di euro di risarcimento.
I soldi, dunque. Ma a volte di mezzo ci si mette anche la ragion di Stato. E di nuovo è un italiano il protagonista di un torto storico. Anche lui squattrinato, per di più immigrato, Antonio Meucci non trovò giustizia nemmeno davanti a un tribunale: un giudice stabilì nel 1887 (32 anni dopo la sua invenzione e sei dopo la scadenza dell’ultimo brevetto) che Meucci fosse l’inventore del telefono meccanico e Alexander Graham Bell l’inventore del telefono elettrico. Magra consolazione per chi si è visto scippare l’intuizione. È stato necessario aspettare il 2002 perché il Congresso degli Stati Uniti restituisse a Meucci la gloria di quella scoperta.
Ma inventori e studiosi stiano attenti. Perché i colleghi a volte si fanno scippatori di professione. Thomas Alva Edison, inventore e imprenditore statunitense (eppure nato a Milano nel 1847), collezionò ben 1.093 brevetti a suo nome, molti dei quali, però, acquistati da inventori a corto di denaro.

Fu abile nel riconoscere le idee geniali dei colleghi, come quelle di Nikola Tesla, il quale a sua volta «rubò» la paternità della radio al nostro Guglielmo Marconi.
Forse bisognerebbe istituire un altro Nobel. Per scippo.

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